Ma quanti anni sono che piangiamo i morti sul lavoro, quanti lustri di cambiamenti politici al nostro governo hanno assicurato con misere parole di pura propaganda, di perseguitare e risolvere l’annoso problema del lavoro in nero prodotto dal capolarato, capace di sfruttare e sfinire le forze di coloro i quali si assoggettano per bisogno di mantenersi la sopravvivenza assieme alla propria famiglia? E’ il tema sociale che maggiormente ha condizionato il nostro Paese, in cui si registrano grandi movimenti e infiltrazioni mafiose, dove un lavoratore su quattro non è in regola e dove il 70% dei lavoratori sono extracomunitari. Si lavora 8 – 9 ore con punte di 14 ore al giorno. La paga media è di trenta euro e una parte viene assorbita dagli intermediari. Allucinante! Dal primo gennaio 2024 al 20 giugno sono morte 492 persone sul luogo di lavoro, secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Morti sul Lavoro, curato dall’ex metalmeccanico Carlo Soricelli. Il numero sale a 670 se si considerano tutti i lavoratori morti (anche quelli in itinere) nel periodo. Statistiche che offendono la forma più elementare del rispetto umano di ogni lavoratore, specie coloro i quali vengono schiavizzati e sottopagati. Li chiamano morti bianche, ma, in realtà, i caduti sul lavoro si devono considerare vittime di un sistema di sfruttamento. E poi quelle panchine bianche per tenere vivo il ricordo delle vittime lasciano il tempo che trovano, mentre sarebbe più importante creare misure atte ad arginare una strage inarrestabile di persone che hanno il diritto di lavorare, essere remunerati con regolare inquadramento contrattuale in termini di Legge e incrementare la vita e non la morte. Più sicurezza sul lavoro significa anche sconfiggere il lavoro nero e lo sfruttamento, avendo rispetto della dignità umana. Ma quanti anni sono che si discute di questo grande tema sociale che una società civile dovrebbe mettere in pratica? E intanto le persone muoiono di stenti, di fatica e di insicurezza sul lavoro, lasciando le famiglie in ansia ad aspettare a casa chi al mattino è andato al lavoro e la sera non torna più.
Salvino Cavallaro