Non è agevole, per chi non ha più … cinquant’anni, la salita verso la Casa-Museo di Giuseppe Messina, nella contrada di Acquaficara, a Barcellona P. G., ma ne vale ampiamente la pena.
La visione dell’altissima (più di 5 metri) statua di Proserpina, non appena si è giunti nello spiazzo antistante alla casa, ha la forza d’impatto di un mito rivissuto: le vesti fluttuanti e i capelli svolazzanti, come investiti dal vento di Maestrale, il corpo tornito e sodo, i seni rigonfi ma coi capezzoli duri, vivi, e quella strana patinatura bronzea, che la distanzia nel tempo, ne fanno una dea, ma anche una protofemminista che lotta per la libertà.
La stessa visione pugnace di Cristo (e del cristianesimo), libera da ogni forma di clericalismo, è sottesa alla ruvida Crocefissione, in cui Cristo, non arreso alla croce, dopo aver offerto sé stesso per amore e per la salvezza degli uomini, scende dalla croce, rompendo il legno su cui era stato affisso dai suoi nemici (di ieri e di oggi).
Il miracolo visivo si ripete con la statua di Demetra, alta 4 metri, collocata, con una simbologia frequente nella scultura di Messina, su un albero, come nata dall’albero e consustanziale all’albero: trionfo della natura contro ogni mistificazione.
Mille altre simili rifrangenze si ammirano nelle numerose sculture e nelle pitture della Casa-Museo, dove abbondano ciclopi, ulissi e sirene ignude. Talché ci si conferma viepiù nell’idea che il Nostro sia, in senso lato, un artista rinascimentale. E ciò per due motivi precisi:
I) perché Giuseppe Messina, riscopre, dopo cinquecento anni, un’attitudine artistica che fu dapprima degli artisti rinascimentali (basti pensare a Donatello, a Leonardo da Vinci, a Michelangelo Buonarroti), che hanno espresso, con maestria ineguagliabile, nelle forme canoniche della classicità, l’armonia cui il loro secolo profondamente aspirava. Ma – si badi – Giuseppe Messina riscopre, sì, ugualmente, i miti della classicità, utilizzandoli però per esprimere le dissonanze, le ingiustizie, gli scompensi del nostro amaro tempo.
II) perché il Barcellonese coniuga, con disinvoltura, pittura, scultura, poesia e letteratura, ponendosi sulla stessa strada, fatte le debite distinzioni, di Leonardo e Michelangelo.
Certo, altrove si dirà quali siano gli esisti stilistici conseguiti da Giuseppe Messina nei vari capi della sua multiforme attività artistica e letteraria – nessuno vuole già proporre somiglianze e/o conformità assolute – ma non c’è dubbio veruno che il Nostro (nonostante viva e operi nella provincia della provincia dell’Impero) sia mosso dalla stessa urgenza espressiva che fu dei grandi del Rinascimento.
Giuseppe Rando