Caro Salvino, grazie di avermi inviato la tua intervista, che ieri non ho potuto seguire dal vivo e che, come sempre, ricca di interesse, ha suscitato in me riflessioni e domande.
Sì, perché tu, occhio attento al campo di calcio, ma anche all’animo umano, dove si giocano sempre le partite più importanti, sai fare emergere, infine, il ” gioco” della vita.
Il tuo ospite, poi, Eraldo Pecci, piacevolmente lieve, diretto e naturale nella sua espressività, a parte l’immensa competenza, ha evidenziato delle bellissime doti umane: amore non solo per il suo lavoro, vissuto come una grande passione, che lascia in ombra la componente ” sacrificio”, ma amore anche per il lavoro degli altri, stampa compresa; modestia, che significa anche capacità di riconoscere il merito dei compagni e di esaltarlo; equilibrio e salda razionalità nell’analisi del calcio giocato e nell’attribuzione delle responsabilità in caso di insuccesso ( sono i calciatori, alla fine, non gli allenatori, che fanno la squadra e la differenza, e, in questo ” fare squadra “, molto conta l’affiatamento).
Già, la squadra. Ma, mi chiedo, cos’è una squadra se ogni anno cambiano i soggetti che la compongono, e come può un tifoso avere la “propria” squadra se, come affermava Eraclito un bel po’ di tempo fa, ” non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume”? E, aggiungo, con la presenza di presidenti che, è il caso di dire, ” invadono” il campo?
“Panta rei”, e, in questo continuo mutamento, che innalza alcuni fino alla vetta e altri velocemente precipita nel baratro ( si salverà il Napoli?), pare anche che il fiume eracliteo si sia, per il momento, trasformato in un mare di soldi…
Maria Lizzio