Leggenda rossoblu e trascinatore del Cagliari al primo e finora unico scudetto conquistato dalla società sarda nel 1970. Gigi Riva è morto, stroncato da un infarto a 79 anni. Gli era stato dato l’appellativo di “Rombo di Tuono” per la potenza dentro due gambe che sembravano arare i campi di calcio. Calciava di potenza con quel sinistro che non aveva eguali e per ogni difesa avversaria rappresentava un continuo pericolo. Un italiano malinconico, di poche parole, e non sempre predisposto a raccontare la sua vita privata che riteneva qualcosa di sacro. Tuttavia, il suo sguardo malinconico non tradiva le increspature del suo lago di Leggiuno, la sponda lombarda del lago Maggiore dove Gigi Riva era nato. Stesse increspature del vento stampate sul suo viso, stessa profonda tristezza dettata dalla perdita dei suoi genitori in tenera età e l’immensa gratitudine verso sua sorella maggiore che l’ha cresciuto. Tutto questo racconta l’umano di un campione del calcio di altri tempi che il destino professionale ha voluto come esempio e simbolo di una Sardegna che le ha dedicato riconoscenza e lo stadio del Cagliari. Un rapporto di reciproca riconoscenza legherà per sempre la terra sarda a Gigi Riva, prima come uomo e poi come calciatore. Amava le auto veloci e le canzoni di Fabrizio De André, ma soprattutto il calcio, quella professione che egli ha preso come rivincita nella sua vita. Le tante sigarette fumate, i compagni leali, quell’Inter di Moratti e quella Juve dell’avvocato Agnelli che gli fecero una corte spietata per portarlo a giocare nelle fila delle loro squadre. Ma Gigi Riva dette un calcio a tutto, anche alla Juventus che gli propose un affare di calciomercato pari a un miliardo delle vecchie lire. Era troppo legato affettivamente al Cagliari e a quella terra sarda che gli entrò dentro l’anima per sempre. Era ed è Gigi Riva, campione di un calcio romantico e ancora fatto di quei sentimenti che oggi, solo a parlarne, sembra quasi di narrare una favola. La favola di Gigi Riva, Rombo di Tuono.
Salvino Cavallaro