Quando si dice il caso. Vai alla Fiera Internazionale del Libro di Torino e tra tanti incontri ti soffermi in particolare su una ragazza che a pelle già dimostra di essere interessante come persona. Ebbene, non ci siamo sbagliati, perché quella persona che era davanti allo stand della Casa Editrice Kimerik, era in attesa di presentare il libro della scrittrice Fabiola Grosso intitolato “Se è amore non brucia”. Così, nell’attesa, abbiamo pensato di scambiare quattro chiacchiere e da lì si è aperto un mondo di cose interessanti in un racconto fatto di esperienze umane e professionali. Claudia Bortolotto, infatti, è una giovane giornalista pubblicista che vive e lavora a Como per il “Giornale di Olgiate” e ama in una maniera viscerale questa professione che sente nella sua anima come fosse un sacro fuoco che la pervade. Tra di noi c’è stato subito quell’idem sentire che si innesca empaticamente tra persone che vivono le stesse emozioni per il proprio lavoro, nonostante le nostre generazioni lontane per età anagrafica, farebbero pensare a una sorta di barriera tra il giornalismo di ieri e quello di oggi. E invece non è stato così, perché la maturità, il percorso di studi e le prime esperienze professionali di Claudia, hanno fatto sì che tra noi ci fosse unità di vedute. Ama il mare come me, ambisce di diventare giornalista sportiva – proprio come sono io – e, soprattutto, vede l’intervista con il proprio interlocutore come un momento in cui si apre la narrazione del proprio io, dell’anima della persona che hai di fronte e metti sempre al primo posto. Che bello, Claudia ha un futuro, ne sono sicuro, perché oltre ad essere una persona intelligente ha capito cos’è il giornalismo, e cioè verità, libertà, pluralità di pensiero, con l’importanza di dare voce a chi non ne ha. Dunque, non potevamo non proporgli questa intervista che svela il tratto davvero interessante di una giovane giornalista che è già pronta per il grande salto nel mondo dell’informazione.
Chi è Claudia Bortolotto?
“Sono una ragazza di 26 anni, nata e cresciuta tra le valli e le colline in provincia di Como. Se dovessi guardarmi allo specchio, definirei Claudia una persona ambiziosa, con tanti sogni da realizzare che, passo dopo passo, vuole raggiungere. Amo il mare, come sa leggermi lui i pensieri nessuno mai e questo, purché possa sembra banale, mi fa sentire speciale. Adoro viaggiare perché il viaggio è uno dei mezzi che permette la conoscenza, il confronto con persone, realtà culturali e storiche differenti dalla mia d’origine. Sono una ragazza semplice: penso che sempre «ne vale la pena» perché vuol dire provarci. Andare fino in fondo. E’ così che mi hanno insegnato.”
Come nasce la tua passione per il giornalismo?
“E’ nato tutto per caso, come le storie d’amore più belle che raccontano nei film, con i finali scontati a volte. Quando frequentavo il liceo, indirizzo Scienze Umane, non riuscivo mai a prendere una sufficienza nei temi di italiano. Mi mancava sempre quel mezzo punto e la professoressa non mollava. Niente da fare: per avere la prima sufficienza devo aspettare l’esame di maturità. Questo limite che vedevo fisso di fronte a me mi ha spinta a mettermi in gioco, a migliorarmi proprio nella scrittura. E durante l’università, ho iniziato a capire che gli esami scritti andavano meglio rispetto agli orali. Così, ho deciso di svolgere il mio stage universitario nella redazione del settimanale locale della provincia “Giornale di Olgiate”, dove lavoro tutt’oggi. E la scrittura, oggi, è la cura che uso per svuotarmi di pensieri “ingombranti”.
Laureata in Comunicazione presso l’Università degli studi degli Insubria, sei stata studentessa di Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni presso l’Università Carlo Bo di Urbino. Qual è l’esperienza più bella che ne hai tratto da questi anni di studi?“L’esperienza più bella è stata proprio la partenza: aver lasciato la mia zona di confort per dirigermi verso l’ignoto e lo stacco tra i primi tre anni e la specializzazione. E non avrei potuto fare scelta migliore. L’incontro con altri ragazzi e altrettante ragazze come me, mi ha fatto capire che, nonostante tutte le differenze che ci possano essere, siamo davvero tutti uguali: semplici ragazzi che hanno lasciato la propria casa per inseguire o scovare il proprio futuro. Speravamo tutti in un 30 e, perché no, anche nella lode magari. Ci lamentavamo tutti delle lezioni al mattino perché la sera facevamo tardi, ma poi il bello era proprio lamentarsi. In realtà ci è sempre piaciuto andare a lezione, essere seduti di fronte a chi ti mette alla prova. Superando i limiti che mi sono sempre auto imposta, ho trovato un mondo tutto da scoprire e mente e cuore si sono arricchiti dandomi la possibilità di affrontare e portare a termine il mio corso di studi magistrale in una maniera completamente differente dai primi tre anni a Varese.”
Claudia, fra poco tempo ti troverai a dovere affrontare l’esame di Stato cui tu tieni particolarmente; e cioè il passaggio ufficiale per diventare giornalista professionista a tutti gli effetti. Qual è l’emozione che provi nel realizzare questo sogno che hai da sempre?
“E’ grande, non posso negarlo. Lo considero un grande passo, e tutti, a parer mio, dovrebbero essere fieri dei traguardi che raggiungono. L’esame di Stato rappresenta il compimento dei primi due anni di esperienza, di gavetta nel mondo del giornalismo. Per me è un traguardo importante perché credo fermamente nel ruolo che ricoprono i giornalisti e nella comunicazione, sinonimo di libertà.”
In quale campo del giornalismo ti senti maggiormente portata?
“Penso nel sociale e di cultura, dove riesco a instaurare un rapporto sincero e profondo con l’intervistato. Scovare nella vita delle persone per raccontare e permettere a chiunque di immedesimarsi, è uno dei miei più grandi obiettivi quando scrivo un articolo. Il mio sogno, però, è riuscire a entrare nel giornalismo sportivo. Sono una grandissima appassionata di calcio, moto Gp e Formula 1.”
Come approcci le tue interviste quando ti trovi davanti al tuo interlocutore? Pensi alla sua anima da scoprire, prima ancora di fare domande inerenti la sua professione?
“Prima di tutto, gli interlocutori li considero tutti uguali. Non c’è un interlocutore di serie A o di serie B: sono tutti esseri umani e, nel momento in cui mi approccio, so che potrei mettere in difficoltà. Dunque, cerco sempre di essere me stessa: mostrare empatia, creare un clima di confidenza e convivialità. Io cerco sempre di scoprire l’anima per arrivare all’emozione, perché tutto è smosso da sentimenti. E mostrarli all’interno di un articolo, ogni singola volta, mi fa pensare “Ecco, non è solo un’azione o un traguardo raggiunto, dietro ci sono sempre persone”. Nel bene e nel male.”
Ma che cos’è veramente il giornalismo per Claudia Bortolotto?
“E’ libertà. E’ verità. E’ dare voce a chi non ne ha o a chi ce l’ha, ma non la sa usare. Non c’è niente di più forte di una buona comunicazione, rispettosa e audace. Il giornalismo è questo, non mettere in mostra e gonfiare personalità o atti, ma andare a capire chi c’è dietro la voce dell’intervista. Creare, giorno dopo giorno, dove possibile, un legame di fiducia reciproca fra giornalista, interlocutore e lettore.”
Cosa prova un giornalista ad essere intervistato?
“E’ una sensazione particolare: strana, ma piacevole. Sono abituata a fare domande, solitamente, non a riceverle. Ma penso che sia un ottimo metodo anche per mettersi in gioco, per capire e calibrare la delicatezza da utilizzare con l’interlocutore. E, soprattutto, chiedersi: come mi rivolgo io?”
Cosa c’è dietro l’angolo nel futuro di Claudia Bortolotto?
“C’è duro lavoro, fatica, passione. Crescita personale in tutte le sue sfaccettature: continuare la strada del giornalismo, ovviamente, e intrecciarla con la sfera di comunicazione e marketing per cui ho studiato e mi appassiona. Divisa tra Como e Venezia, dove ho attiva una collaborazione con un’agenzia di comunicazione, inizio a pensare alle alternative per il futuro. Le opportunità da sole non arrivano, ma non faccio troppi programmi: alla fine il cuore sa sempre guidarmi e a programmare troppo, si perdono per strada emozioni. Lascio spazio all’imprevisto.”
Salvino Cavallaro