Serio, sguardo triste, un po’ timido, riflessivo e molto attento a scrutare chi gli sta accanto, il presidente della Polisportiva Garino Gianni Matacchione non è di molte parole, ma è di quelle persone che ama fare i fatti senza tanti fronzoli. In questa intervista in cui si racconta con piacevole voglia di aprirsi anche attraverso la propria interiorità, emerge il tratto di un uomo che ama il calcio da sempre, ma, soprattutto, attraverso il pallone ha trovato il modo di creare attorno a sé momenti di aggregazione sociale che sfociano nella moltitudine di relazioni umane che lo appagano. Ed è proprio per questo motivo che il patron del Garino ama gestire la sua Polisportiva come fosse una famiglia, organizzando annualmente anche viaggi all’estero con i ragazzi e i lorogenitori al seguito. L’anno scorso in Spagna, quest’anno in Germania, tutto è motivo per crescere insieme attraverso quel pallone che si fa rincorrere in quei tornei di calcio creati apposta per fare esperienza, incontro, cultura, anche attraverso nuove conoscenze da ricambiare in ospitalità. E poi la Juventus Woman che, tranne la Prima Squadra, ha trovato la sua casa ideale per allenarsi e giocare le partite proprio qui, in questo angolo della cintura di Torino che è Comune di Vinovo. E c’è anche l’International Europe Garino Cup che quest’anno è giunto alla sua seconda edizione, che rappresenta il fiore all’occhiello di questa piccola società di calcio, ma pregna di tante iniziative. Ma la Polisportiva Garino non è solo questo, è tanto altro che scopriremo insieme al Presidente Matacchione in questa bellissima ed esaustiva intervista.
Presidente, chi è Gianni Matacchione? “Una persona semplice che ha tra le sue passioni il calcio che ha sempre coltivato da ragazzino, fino a che è riuscito a giocare e divertirsi. Poi, dopo avere subito alcuni gravi infortuni che mi hanno impedito di continuare ho cominciato a fare l’allenatore, un ruolo che svolgo da trent’anni. Negli ultimi sei anni si è aggiunto anche il ruolo di Presidente della Polisportiva Garino Calcio. Questa è una posizione che nell’ambito della società si è aggiunta dopo; un qualcosa che non mi aspettavo. Quando è nata l’idea di Garino, all’inizio il mio ruolo doveva essere quello di Direttore Generale, vista la mia esperienza lavorativa nell’ambito dell’amministrazione aziendale. Avrei dovuto dare una mano nell’ambito organizzativo e della contabilità della società calcio Garino, che in quel periodo aveva a capo un altro presidente.”
Cosa fa nella vita di tutti i giorni?
“Ho un’azienda. Sono un chimico e gestisco un laboratorio di analisi chimiche ambientali.”
Che cosa rappresenta per lei la Polisportiva Garino?
“Sicuramente una grande passione e una valvola di sfogo dopo una giornata di lavoro. Ma, come le dicevo, è anche la passione che mi lega al calcio fin da bambino. Dal 2018 sono diventato presidente dell’associazione perché il collega con il quale abbiamo intrapreso questo percorso insieme, non se la sentiva più di andare avanti. Così ha dato forfait e gli altri membri del direttivo hanno detto che l’unico a potere essere in grado di fare quel ruolo all’interno dell’associazione sarei stato io.”
Quale significato ha per lei ospitare nella sua struttura le calciatrici della Juventus?
“E’ un motivo di orgoglio perché è vero che si tratta di calcio femminile, però è sempre la Juventus e, come tale, per noi avere da quattro o cinque anni quasi tutte le squadre che si allenano da noi tornandoci sempre con piacere, beh, è davvero bello. Devo dire inoltre, che questo fatto di ospitare il calcio femminile della Juventus è stato il motivo di conoscere una realtà calcistica – quella femminile, appunto – che non conoscevamo prima e siamo stati piacevolmente sorpresi da quello che gira intorno a un calcio che forse è un po’ più sano di come lo fosse il calcio maschile, dove non senti parole sopra le righe sia da parte delle calciatrici che dei tifosi stessi. L’anno scorso durante la prima edizione del Torneo Internazionale Garino Cup, eravamo preoccupati quando abbiamo visto scendere dal pullman 30 tifosi della Roma che invece sono stati impeccabili sotto l’aspetto dell’educazione sportiva.”
A proposito, come nasce l’idea di organizzare l’International Europe Garino Cup, che quest’anno è giunto alla sua seconda edizione?
“Negli anni passati abbiamo fatto dei mini tornei di prova che avevamo chiamato BCC Cup perché avevamo un piccolo contributo dalla Banca Cooperativa di Credito che una delle banche con le quali operiamo. Ricordo che avevamo fatto una sola edizione di inaugurazione al campo sintetico con Milan, Juve e una sola squadra maschile del Garino. Poi avevamo fatto un’edizione l’8 Dicembre in cui ci fu una copiosa nevicata che ci ha penalizzato. In quella edizione c’erano 8 squadre quali Sampdoria, Genoa, Milan, Inter, Atalanta, Juventus, Torino e Alessandria. E’ stato un successo nonostante il pessimo clima e così abbiamo pensato di fare un’edizione estiva che possa essere mantenuta nel tempo, anche un po’ per ricambiare la fiducia che la Juve dà a noi. E oggi, dopo il successo ottenuto, siamo giunti alla seconda edizione.”
Nella sua gestione appare evidente il suo desiderio di condurre il Garino Calcio come fosse una famiglia. E’ vero?“E’ vero. Non voglio snaturare quella che è la mia visione di calcio che può essere apprezzata da alcuni e da altri no. Tuttavia, tengo a precisare che avere un ambiente famigliare non vuol dire avere un ambiente poco professionale, perché il rispetto lo si può avere anche in un ambiente famigliare. Io tengo molto a tutti i nostri collaboratori, direttori sportivi, generali o altre figure chiave all’interno della nostra società. Con loro tengo a precisare il mio rapporto umano e sono sempre in prima linea anche quando si tratta di dare una mano per togliere le erbacce e altri lavori umili. Sì, perché ritengo che il presidente non debba solo dare delle direttive ma, quando è il caso, si deve unire agli altri dando il buon esempio anche quando ci si sporca le mani.”
Sappia, comunque, che questo lato umano traspare molto dalla sua persona.
“Sono molto contento di sentirmelo dire perché io non lo vedo, sono di parte. Tuttavia, sono felice di sapere che all’esterno si respiri questa aria, perché vuol dire che ho centrato il mio obiettivo.”
Presidente, chi la conosce dice che lei ha un carattere un po’ ombroso e che non è molto propenso a sorridere. E’ così?
“Ho un carattere introverso, però mi piace stare in compagnia, mi piace vivere con le persone giuste. Lo faccio sicuramente. Magari a volte questa mia timidezza può essere vista come una presunzione, come un distacco. Ma non è così, perché se devo bere due birre con qualsiasi persona del Garino lo faccio. Ho forse bisogno di superare questa barriera di timidezza e poi serenamente condividere qualsiasi esperienza.”
Riesce a esternare le sue emozioni?
“Sì. A volte finendo un ciclo di allenatore con i miei ragazzi mi emoziono, non lo nascondo. Voglio bene ai miei ragazzi al di là della struttura, di tutti i dirigenti, i direttori, i segretari. Io ho un figlio, ma devo dire che qui ho imparato ad averne tanti. Ogni calciatore che varca la nostra società è un pezzettino di me. E’ un legame forte, qualcosa che lascia dentro qualcosa che caratterizza un pezzettino di me.”
Tra le cose fatte nella sua vita c’è qualcosa che rifarebbe?
“Ogni tanto mi chiedo chi me l’ha fatto fare a prendere il Garino che negli anni è diventata una seconda azienda da gestire con tante persone. Per me è davvero un impegno e dopo una giornata di lavoro arrivare lì ed avere dei problemi da affrontare magari fino alle 8 – 9 di sera, sabato e feste comprese, mi dico chi me l’ha fatto fare? Tuttavia, devo dire che sono caparbio, ambizioso, molto forte caratterialmente, mi abbatto, ma casco e mi rialzo in piedi. Quindi, alla fine, sono molto contento di avere intrapreso questa sfida. Se dovessi tornare indietro rifarei esattamente quello che ho fatto, anche perché il calore della gente mi riempie il cuore e il denaro che qualche volta metto di tasca mia non mi interessa.”
Per finire, presidente. Cosa c’è nella sua vita personale che vorrebbe ancora realizzare?
“Nella vita personale mi ritengo un uomo molto fortunato perché ho una bella famiglia, una moglie che ha sposato me e la mia passione, visto che manco tanto da casa. Non so quante altre mogli accetterebbero quello che accetta la mia. Non essere presente la domenica, seguire le squadre, significa avere sacrificato molto la famiglia. Quello che rimpiango maggiormente è avere sacrificato con la mia poca presenza mio figlio quando era più piccolino, anche se poi mi sono rifatto quando l’ho allenato al calcio che mi ha permesso di stargli un po’ più vicino. Direi che ho proprio tutto quello che voglio. Non c’è altro. Mi ritengo un uomo fortunato.”
Salvino Cavallaro