Dopo la morte del Papa emerito Benedetto XVI ho pensato di estrarre uno dei testi che avevo inserito nel mio libro intitolato “Tra interviste e altro” edito da Progetto Immagine e pubblicato nel 2010, in cui ho racchiuso non solo numerose interviste fatte in carriera a personaggi dello spettacolo, dello sport, della politica, della scienza e del giornalismo, ma ho anche pubblicato, tra un’emozione e l’altra, anche momenti e stati d’animo vissuti nella mia vita, che ho tradotto in poesia e varie riflessioni personali. Così, ho pensato di riproporre la descrizione di quella che ho intitolato – “Una mia profonda emozione” – proprio per ricordare ciò che io e mia moglie abbiamo vissuto l’8 dicembre del 2009 nella Sala Nervi del Vaticano, in occasione dell’udienza generale di Papa Benedetto XVI. Buona lettura.
Salvino Cavallaro
Descrivere le emozioni, soprattutto quando queste si manifestano con particolare intensità, non è impresa facile per nessuno di noi. Ci sono emozioni profonde che spesso ti fanno diventare egoista fino al punto di non volerle condividere con nessuno, se non con te stesso. Tutto ciò che rientra nella sfera emotiva personale, ha la legittimità di essere privata, quasi che a volerla raccontare ad altri significherebbe sminuirla nell’intento di condividerla. Tuttavia, quando una nostra emozione provata è così profonda, raccontarla significa anche rendere partecipe e incuriosire coloro i quali magari tale momento magico non l’ha mai provato. Personalmente ritengo che l’esternazione dei propri sentimenti e delle emozioni che viviamo nella nostra vita, sia un fatto importante per sé e per gli altri. Chi mi conosce da anni, sa che vivo di emozioni e di sentimenti che sono connaturati in me fin dal giorno in cui sono nato. E a seguito di questo mio modo di essere, io che amo descrivere la vita in tutte le sue sfaccettature, mi sento gratificato intimamente quando attraverso il racconto delle mie emozioni riesco a coinvolgere l’attenzione di chi legge ciò che scrivo. Alla luce di quanto ho appena detto, mi piace raccontarvi un’esperienza di vita e una bellissima emozione che ho vissuto l’8 dicembre del 2009. Tutti gli anni, nella ricorrenza della festività dell’Immacolata Concezione festeggio il mio anniversario di matrimonio visitando qualche città o, più semplicemente, andando a pranzare in qualche ristorante di Torino e dintorni. A Ottobre 2009, per puro caso, mia moglie Rosa ha letto su una rivista che inviando via mail una richiesta di prenotazione allo Stato Vaticano, si poteva avere l’opportunità di essere ricevuti in udienza generale dal Papa Benedetto XVI. Queste udienze sono settimanali e si svolgono tutti i mercoledì. Caso vuole che quell’8 dicembre del 2009 cadesse giusto di mercoledì, e allora senza neanche esitare un solo attimo, invio la mia mail di prenotazione. Il giorno dopo, con cortese sollecitudine, mi risponde l’ufficio stampa del Vaticano con questa formula prestampata: “Alla Signoria Vostra sono stati riservati due posti presso la Sala Nervi del Vaticano, in occasione dell’udienza generale che Papa Benedetto XVI terrà alle ore 11,00 di Mercoledì 8 Dicembre 2009.” Io e mia moglie, avvolti entrambi da una voglia irrefrenabile di gioia, ci apprestiamo a organizzare il soggiorno a Roma. Prenotiamo presso uno dei tanti Istituti di Suore prospicienti il Vaticano e, biglietti ferroviari alla mano, partiamo alla volta di Roma. Il viaggio è stato breve e allo stesso tempo confortevole perché i treni della Freccia Rossa sono attrezzati di ogni confort. Erano le ore 14,00 del 6 dicembre quando arrivammo alla stazione Termini di Roma. Ricordo che si respirava già aria di feste natalizie. Roma è una città immensa e universale ed ha la peculiarità di interessare i turisti attraverso le sue molteplici bellezze mozzafiato. E dopo avere ammirato le luci e i colori dei festoni della Stazione Termini, imbocchiamo la metropolitana alla volta di San Pietro. Per un attimo mia moglie ha perso l’orientamento. In quell’immenso e confusionario sotterraneo viaggia giornalmente un fiume di persone e, se sbagli direzione, non capisci più dove ti trovi. Per fortuna abbiamo imboccato la direzione giusta e, dopo soli dieci minuti dal momento in cui siamo partiti dalla Stazione Termini, siamo arrivati alla Basilica di San Pietro: maestosa, monumentale, straordinaria e affascinante. Così appariva ai nostri occhi il “cupolone” e quell’immensa scalinata antistante la Basilica. Io e mia moglie eravamo già stati a Roma, tuttavia, questa volta ci appariva ancor più bella, forse perché avevamo in mente l’appuntamento con il Papa, fissato fra due giorni. Avevamo ancora le valigie al seguito, per cui abbiamo deciso di cercare subito l’Istituto delle Suore che si trova nelle immediate vicinanze. Trovata la nostra sistemazione in camera, decidiamo di fare una doccia rilassante ma poi, nonostante la nostra voglia di uscire per visitare i dintorni del Vaticano, la stanchezza s’impadronisce di noi facendoci desistere dal pensiero di uscire. Così, dopo una nottata ristoratrice di sonno, ci svegliamo di buon mattino. Martedì 7 dicembre è il giorno del mio compleanno. Io e mia moglie Rosa, decidiamo di fare una lauta colazione ristoratrice che ci dia l’opportunità di percorrere molti chilometri e stancarci il meno possibile. Ci sediamo così in un bel bar e lì mangiamo la nostra ricca colazione a base di “maritozzi” e cappuccino. Che buoni quei maritozzi alla crema! Ricordo che quando li addentavo chiudevo gli occhi per la goduria, mentre il piacere del gusto s’infittiva quando lingua e palato si univano con la complicità dell’abbondante crema pasticcera che fuoriusciva da ogni dove. Che leccornie ragazzi, questa sì, che è una colazione! Così, aspettando il giorno dopo per il fatidico incontro con il Papa, visitiamo la città. Via Del Corso, Piazza Venezia, i Fori Imperiali, il Colosseo, Piazza Navona, Fontana di Trevi, Campo dei Fiori, il Quirinale, Villa Borghese. Mamma che stanchezza! E intanto era arrivata la sera. Non sentivamo più i piedi talmente avevamo camminato! E così senza neanche cenare, decidiamo di ritornare all’Istituto di Suore dove eravamo alloggiati. Mai quel letto, fatto di candide e profumate lenzuola ci è parso così etereo e, per un attimo, nel distenderci, abbiamo avuto la sensazione di trovarci su un’impalpabile nuvola bianca. Buona notte, Rosa. Buona notte, Salvino, domani sarà mercoledì 8 dicembre. E’ il nostro anniversario di matrimonio e lo festeggeremo in una maniera davvero unica: il Papa ci aspetta! E così, dopo una nottata di sonno, ci svegliamo per prepararci all’appuntamento con il Santo Pontefice. Non nascondo che, mentre mi radevo la barba, cominciavo a entrare con la mente nell’ambito di quella Sala Nervi che da lì a poco ci avrebbe accolto. E così, vestiti di tutto punto, ci dirigiamo verso la Basilica di San Pietro. Chiediamo alle altissime guardie svizzere che sono di servizio nel Vaticano dove si trova esattamente la Sala Nervi. Con un italiano non perfetto ci indicano la strada da seguire, e così facciamo. Arrivati davanti alle varie entrate della grandissima Sala Nervi, mostriamo alle guardie svizzere il nostro biglietto d’invito debitamente numerato e con posti a sedere. Il cuore cominciava a battere più velocemente del solito, a causa dell’emozione dovuta alla maestosità della sala gremita di persone che arrivavano da tutte le parti del mondo. Al centro il grande palco sul quale era disposta la grande sedia sulla quale si sarebbe seduto, da lì a poco, il Santo Padre Benedetto XVI. E intanto nell’attesa, i cori e i canti religiosi e festanti dei pellegrini aumentavano il patos che cominciava a impadronirsi dei miei, anzi, dei nostri sentimenti. Migliaia di persone di diversa etnia, cultura, colore, pur non essendosi mai viste prima ha fatto amicizia sentendosi uniti in Dio. E’ affascinante e coinvolgente il pensiero che Dio tutto unisce e nulla divide. Eravamo tutti lì per un unico scopo, quello di pregare e sentire Dio dentro il nostro cuore. Accanto a me c’era un signore tedesco che, per l’occasione, era venuto a Roma anch’egli assieme a sua moglie. Parlava un po’ inglese e così abbiamo cercato entrambi di capirci su ciò che volevamo trasmetterci. Che strana la vita! Una persona mai vista né conosciuta prima, ti dà la sensazione di averla frequentata da chissà quanto tempo. E intanto lo speaker della Sala Nervi annuncia l’ingresso del Papa. Siamo scattati tutti in piedi per un gesto di rispetto e per la curiosità di vederlo meglio. I canti dei fedeli inneggiavano al Papa e il tripudio era assordante, quasi da stadio. Non nascondo che l’emozione di vedere da vicino il Papa mi ha fatto venire un groppo alla gola e qualche furtiva lacrima di gioia ha bagnato le mie guance. Guardavo Rosa e le stringevo la mano, ma non potevo parlarle perché il frastuono era notevole. Così, nello stringerci la mano, ci siamo trasmessi attraverso i nostri sguardi quella coinvolgente, medesima emozione che ci ha accomunato rendendoci complici. Il Papa era lì a due passi da noi e, dopo avere impartito la sua benedizione, ha cominciato a ringraziare tutti noi presenti che ora eravamo in religioso quanto rispettoso silenzio. Onestamente, non ricordo quale fosse stato il discorso del Pontefice in quell’occasione, perché troppo intensa è stata quell’emozione che collegava la mia mente e il mio cuore a pensieri mistici. La fede in Dio che si manifestava in me e dentro di me, era in maniera intensa. Per un attimo ho avuto la sensazione che in quella sala gremita di gente ci fossimo soltanto io, Rosa e Dio con noi. Finito il suo discorso, il Papa ha accolto sul palco alcune personalità presenti e ciascuno di loro, dopo avergli baciato la mano, gli dava in omaggio un regalo. Io non ero tra quei fortunati eletti, tuttavia, nel mio piccolo, avevo pensato di fare avere a Papa Benedetto XVI la mia poesia “Inno all’amore”. La confusione era tanta e la calca, ansiosa di vedere da vicino il Papa, si faceva sempre più insistente. Come posso fare dunque a porgergli il mio pensiero? E così, dopo avere preso un pennarello che avevo in tasca, scrivo la mia dedica al Sommo Pontefice e consegno, facendomi spazio tra la folla, la mia poesia a una guardia svizzera, la quale mi ha promesso che l’avrebbe fatta recapitare al Papa. In verità non ho creduto molto a questa promessa, tuttavia non avevo altra scelta che credere in ciò che mi era stato rassicurato. Il Papa intanto è rientrato nelle sue stanze, mentre la sala, molto lentamente si andava svuotando. Il tedesco, mio vicino di posto e di esperienza, mi saluta con un abbraccio, quasi come se fossimo due fratelli. Sapevo esattamente che da lì a poco non ci saremmo mai più incontrati, ma l’enfasi dell’emozione vissuta insieme ci ha accomunato, nell’illusione di rivederci chissà dove e quando. Mentre la sala si era completamente svuotata, dico a Rosa di restare ancora un po’. Mi succede spesso di fermarmi a riflettere dopo aver assistito a qualcosa che mi è rimasto dentro, quasi a voler ripercorrere e gustare lentamente nel silenzio la dolcezza di un momento che, molto probabilmente, non rivivrò mai più. E senza parlare, ma con il pensiero rivolto a Dio, porgo la mia preghiera e il mio ringraziamento per avere vissuto un’esperienza e un’emozione incredibilmente fantastica. La cosa più bella è che ho sentito accanto a me, più vicino che mai, il nostro Dio che è stato il meraviglioso artefice di quanto era accaduto a me e Rosa. E intanto si avvicina a noi una delle guardie svizzere che controllano la situazione. Ci dicono che dobbiamo uscire dalla sala Nervi perché bisogna chiudere. A malincuore mi alzo dalla sedia, afferro per mano Rosa e insieme ci avviamo verso l’esterno. Il sapore malinconico dell’uscita dalla sala ci accompagna fino all’esterno e, per un attimo, penso quanto differente sia stato il sentimento di gioia, di entusiasmo e di emozione che ci avevano assistito fin dal momento in cui siamo entrati. E’ la vita, penso, perché tutto ciò che ha un inizio ha sempre immancabilmente una fine. E intanto ci avviamo verso l’istituto di Suore che ci ha ospitato durante il soggiorno romano. Avevamo bisogno di mangiare qualcosa e soprattutto di riposarci, perché l’emozione vissuta era stata davvero forte. Viviamo così le nostre ultime ore di permanenza a Roma, visto che saremmo ripartiti per Torino il giorno dopo. Era il 9 dicembre quando, malinconicamente, riponevamo i vestiti in valigia per preparare il nostro ritorno a casa. Un saluto alle suore, l’immancabile assegno a saldo di quanto si doveva pagare e poi ancora una colazione abbondante in uno dei meravigliosi bar della capitale. Il sapore dei maritozzi e del cappuccino, questa volta, non aveva lo stesso sapore dell’altro giorno, segno evidente che siamo noi a cambiare e non le cose che ci circondano. L’entusiasmo e la gioia di vivere determinati momenti della vita sono alla base di tutto, ma se ciò manca non riusciamo ad apprezzare neanche le cose più costose e appaganti. Intanto riprendiamo la metropolitana e ci dirigiamo verso la stazione Termini, perché il treno che ci riporterà a Torino partirà alle ore 14,05. Anche la stazione non aveva più quel fascino festante di colori e addobbi natalizi che avevamo riscontrato all’inizio, eppure era sempre la stessa! Saliamo così in treno e ci accomodiamo accanto al finestrino. Rosa tira fuori dalla borsa il suo libro, mentre io preferisco restare con i miei pensieri e ripercorrere i momenti salienti del nostro soggiorno a Roma. E mentre il treno prende velocità, mi appaiono come in un film Fontana di Trevi, il Tevere, Piazza Navona, Il Quirinale, il Colosseo, Piazza Venezia, Campo dei Fiori, Via del Corso, ma soprattutto quella straordinaria emozione vissuta alla vista di Papa Benedetto XVI in Sala Nervi che non scorderò mai più. Arriviamo così a Torino Porta Nuova e per un attimo mi è sembrato di non essere mai partito, di avere vissuto un sogno, un qualcosa di veramente straordinario. Arrivando a casa abbracciamo i nostri figli con il desiderio di raccontare tutto, ma la stanchezza s’impadronisce di noi al punto che da lì a poco siamo andati a dormire. L’indomani suona il postino; era arrivata una lettera. La apro e vedo che arriva da Roma. Con gioia mista a stupore, mi accorgo che è una lettera proveniente dalla Segreteria di Stato Vaticano, firmata da Mons. Peter B.Wells che, in nome di Sua Santità Papa Benedetto XVI, mi ringraziava sentitamente del componimento “Inno all’amore” che gli avevo fatto recapitare per interposta persona. La lettera finiva il suo messaggio con la Benedizione per me, la mia famiglia e tutte le persone a me care. Questa missiva è stata la ciliegina sulla torta che Dio ha voluto per me e per la mia famiglia. Un’emozione che ha scavato profondamente la mia anima! Che dire di più, cari amici che avete avuto la pazienza di leggere questo mio racconto. Mi auguro che vogliate perdonare la mia piccola licenza narrativa di non aver fatto coincidere alcune date di calendario con quelle reali. Auguro a ognuno di voi di poter ripercorrere le stesse straordinarie emozioni che ho vissuto io.
Salvino Cavallaro