Ci sono date e singoli anni che rievocano fatti e figure che ci appartengono, fanno parte della nostra anima e suggeriscono continuamente ricordi indelebili che talora si tramutano in racconti e, come davanti a uno specchio, ne fanno la narrazione di un periodo storico sociale tale da convertirsi in un vero e proprio romanzo di vita vissuta. Questa è stata l’idea della Prof.ssa Maria Lizzio, da sempre amante della cultura capace di partorire il pensiero filosofico dei grandi illustri maestri della letteratura universale, che lei, in tanti anni di insegnamento, ha saputo trasmettere ai suoi allievi con l’amore e l’attenzione di chi va oltre il mero dovere di insegnante, mettendoci cuore e passione. E così,adesso che il quotidiano vivere le dà maggiore opportunità per scrivere e avere più tempo libero, la Prof.ssa Lizzio ha scritto diversi libri e poesie che sono il frutto dei suoi ricordi, di riflessioni su un vissuto in cui spesso si evince un rapporto particolare con sua madre: “A mia madre, ombra e (luce) sulla mia via”. Così si legge in “Dialoghi con Euridice e altri versi” il libro edito da Il Convivio scritto alcuni anni fa, in cui si evince il significato di tutto ciò che abbiamo amato e irrimediabilmente perduto, ma di cui resta, immortale, l’eco nella nostra anima. E come un dèjà – vu, ecco apparire all’orizzonte dell’anima della scrittrice “Quel 1925” che è narrazione di ciò che parte dall’anno di nascita di sua madre, per poi propagarsi e raccontarne i contorni di un periodo storico fatto di guerra, fame e tanta dignità umana. “Alla lontana giovinezza di mia madre” si legge in apertura del romanzo, segno evidente di una figura che per tanti versi resta “ombra e luce” di Maria Lizzio. “Ho il tuo romanzo in grembo: nascerà nel suo giorno, come l’alba che lentamente si stende dai Peloritani al mare”, altra frase riconducibile a Lei, mamma di Maria.
Il principale personaggio di “Quel 1925” è Rosina, nata e cresciuta nel ventennio fascista, vittima delle restrizioni di un ambiente di provincia e di un momento storico che non si occupava certo delle donne, se non per farne uno strumento docile al completo servizio di un progetto sociale maschilista, finalizzato a imprese belliche. Pur in uno spazio così angusto, Rosina riesce, tuttavia, a individuare un sentiero personale, rispondente alla sensibilità del suo animo, che si rivela capace anche di scelte coraggiose e imprevedibili. Ma ciò non le impedirà di portare sempre con sé i segni del dolore suo e di un’epoca travolta da una guerra che aveva accomunato, infine, in un’unica, enorme disfatta, sostenitori e oppositori di una dittatura debole e feroce: solo ad altissimo prezzo i grandi e i piccoli della Storia si sarebbero riappropriati della dignità di donne e uomini liberi, finalmente capaci di fare i conti con il proprio passato doloroso e di trarne linfa vitale per una società più umana.
Questo si legge nella prefazione scritta dalla stessa autrice Maria Lizzio. E’ in sintesi l’estrinsecazione di ciò che ha partorito in questo suo romanzo ”che nascerà nel suo giorno, come l’alba……”. E quel giorno è arrivato, lento, ma si è esteso come il dolce apparire dell’alba dai Peloritani al mare. Proprio come Rosina, personaggio riflessivo “che si interrogava sulla vita, sul suo significato, sulle sue contraddizioni, e non si accontentava di risposte facili; anche il suo sguardo profondo e l’espressione penosa manifestavano questo atteggiamento interiore”.
Salvino Cavallaro