Interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Sono i reati contestati a tre giovani ‘cyber-disturbatorì – uno dei quali minorenne – residenti nelle province di Milano e Messina, denunciati per aver messo su un gruppo strutturalmente organizzato per la sistematica interruzione delle lezioni di diverse scuole su tutto il territorio nazionale, svolte in modalità Dad sulle piattaforme informatiche di videoconferenza. Tutti e tre hanno ammesso le proprie responsabilità.
Le lunghe e complesse indagini sono state condotte dalla Polizia postale e delle comunicazioni di Genova, coordinata dalla procura del capoluogo ligure. Numerose le segnalazioni arrivate già dal primo lockdown dai dirigenti scolastici di istituti di diverso ordine e grado, i cui elementi sono stati usati dagli investigatori per ricostruire le tracce informatiche lasciate dagli autori delle incursioni.
I tre organizzatori ed amministratori del gruppo facevano parte di gruppi Telegram ed Instagram, creati apposta con la finalità di disturbare i docenti e provocare la sospensione delle lezioni.
A condividere i codici di accesso alle video-lezioni spesso erano gli stessi studenti, anch’essi individuati dai poliziotti, che si sentivano al sicuro per via della apparente percezione di anonimato che sembra essere garantito dalle piattaforme social, riuscendo a pianificare attacchi durante le interrogazioni programmate. Tra i messaggi, erano presenti anche delle considerazioni sull’operato delle forze dell’ordine: «intanto la Polizia postale non ha tempo da perdere nel cercare di trovarci…».
Durante le perquisizioni, eseguite con il supporto del Compartimento Polizia postale di Milano e della Sezione di Messina e il coordinamento del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni, sono stati sequestrati computer, tablet e smartphone ora al vaglio degli esperti della Postale per valutare la posizione degli altri giovani iscritti nelle chat utilizzate per i raid di disturbo.