La salute da una parte e l’economia dall’altra. E in mezzo? Il virus! Già, in mezzo il virus, il nemico che si dovrebbe combattere insieme facendo un monolito di tutte le forze politiche: maggioranza e opposizione. Non credo di scoprire l’acqua calda se dico che la salvaguardia della salute debba essere alleata dell’economia, proprio per combattere e sconfiggere quel nemico chiamato Covid che tutto ha stravolto. E invece questo nostro Paese dai secolari ritardi decisionali, si lascia prendere dall’affanno nel fare conciliare due mondi vitali come salute ed economia, dove l’una è il complemento dell’altra. E mentre le contestazioni infuriano nelle grandi piazze di Napoli e Roma, Conte ha diramato l’ennesimo DPCM valido fino al prossimo 24 novembre. Da lunedì 26 ottobre, dunque, bar e ristoranti chiuderanno alle ore 18,00 anche sabato, domenica e festivi. Chiusi cinema, teatri, palestre, piscine e impianti sciistici, mentre si è adottata la didattica a distanza per il 75% nelle scuole superiori. La mobilità vedrà gli spostamenti liberi tra le Regioni e per quanto riguarda il lavoro si è stabilito che i concorsi saranno bloccati, ma si faranno solo quelli già banditi a suo tempo. Un ulteriore freno è stato dato alla movida con la chiusura delle Piazze alle ore 21,00, mentre restano aperti i musei con fruizione contingentata. Infine si è approvata una ulteriore stretta sulle visite alle RSA, tranne quei casi urgenti che le varie direzioni potranno distinguere nell’ottica di adottare misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione. Dunque un lockdown non totale ma parziale, studiato in maniera di frenare l’impennata della curva dei contagi che risulta in pericolosa ascesa. In sede di conferenza stampa il Primo Ministro Conte ha dichiarato ufficialmente che lo Stato interverrà sulle aziende di ristoranti e bar con aiuti attraverso bonifici che saranno corrisposti su ciascun conto corrente bancario. ”Soffrire a Novembre per respirare a Dicembre”. Sono parole del Premier, il quale confida che vengano rispettate le regole per un Natale sereno. Ma questo Paese è nel caos perché continua ad esserci carenza di politica illuminante, capace di fare fronte ad un’epidemia devastante sotto il profilo sanitario ed economico. Resta il grave nodo di errori commessi questa estate nel dare via libera a discoteche e movida notturne, a esigui controlli nei trasporti e mancanza di un adeguato rafforzamento del personale medico negli ospedali. Tutto faceva pensare a un trauma subito che non si sarebbe più ripetuto, almeno con la stessa forza virulenta. Ma il comitato scientifico internazionale e i vari virologi di tutto il mondo avevano avvertito le istituzioni di tutto che una seconda fase di contagi e di morti ci sarebbe stata. L’imperativo era prevenire prima che fosse troppo tardi. Così non è stato – almeno per l’Italia – dove si sarebbe dovuto intervenire con decisione e forza già a fine agosto scorso, proprio quando si cominciavano ad avvertire le prime recrudescenze. E adesso si naviga in un mare in tempesta con ospedali presi d’assalto e terapie intensive con carenze di anestesisti e personale medico non in grado di fare fronte a una nuova emergenza. Così, tra le misure prese in affanno e dove tutti sono contro tutti (Stato e Regioni) molte decisioni sono apparse frettolose, raffazzonate e quanto meno discutibili. Ci riferiamo ad esempio alla chiusura delle sale cinematografiche e teatrali che statisticamente hanno rivelato un contagio pari a zero degli spettatori, degli artisti e dei vari lavoratori al seguito. Ritengo che la cultura e lo spettacolo non possa essere sempre penalizzata in questa maniera, tanto più che fanno fede le varie statistiche che parlano chiaro di un luogo, quello dei teatri, in cui si sono rispettate al massimo le regole di sanificazione, di numero di persone stabilite e ligi al dovere di distanziamento. Tutto come previsto dal protocollo. Per questo sono convinto che una società civile si debba basare sempre sulla possibilità di dare allo spettacolo ampio spazio, non solo come conoscenza e miglioramento culturale, ma anche come rispetto verso questo specifico settore lavorativo che nel nostro Paese è in sofferenza ormai da troppi anni. Qualcuno potrà obiettare che in questo specifico momento sono altri i veri problemi da risolvere. Certo, ce ne sono tanti altri, ma lo spettacolo e la cultura non possono essere messi in disparte, accollandosi l’incapacità di chi dovrebbe mettere a posto ogni cosa in questa nostra Italia disunita e in balia delle onde tempestose del Coronavirus o di chissà quale altro problema.
Salvino Cavallaro