La proposta di riconversione industriale elaborata da mio padre, ing. Giuseppe D’Amico, per Milazzo e la Valle del Mela, dopo un primo momento in cui sembrava dover giungere sul tavolo degli azionisti ENI, è momentaneamente naufragata in circostanze che inducono ad una riflessione. Il progetto prevedeva la creazione di una “Green Energy Valley”, ossia un polo produttivo basato sulla chimica verde e la produzione di bio-carburanti ricavati dagli oli vegetali, nell’area che attualmente ospita gli impianti della Raffineria. Frutto di un impegno concepito nell’esclusivo interesse della comunità milazzese, con l’intento di abbattere il più possibile le emissioni inquinanti e favorire una serie di attività ecosostenibili tra loro complementari, integrandole nella filiera in via d’espansione dell’economia circolare, esso avrebbe comportato un significativo incremento dei livelli occupazionali, nonché una maggiore stabilità e salubrità degli stessi posti di lavoro.
Il 3 giugno scorso ho avuto il piacere di accompagnare mio padre a Roma, a Palazzo Madama, sede del Senato, invitato dalla Sen. Barbara Floridia del M5S (componente della Commissione Ambiente) a partecipare ad un confronto sulla riconversione con alcuni decisori aziendali dell’ENI – il Responsabile dei Rapporti Istituzionali dell’azienda e due dirigenti di Società di chimica verde, bonifiche e recupero territori ad essa collegate -, nella speranza che in quella sede potessero nascere le premesse per una futura trattativa tra il Ministero dell’Economia (azionista di maggioranza) e i soci privati (ricordiamo che l’ENI detiene il 50% delle quote della Raffineria di Milazzo). Alla riunione era presente anche un rappresentante dell’on. Alessio Villarosa (M5S), Sottosegretario all’Economia (il M5S gestisce direttamente l’importante Dicastero dello Sviluppo Economico).
Nel corso del dibattito, mio padre ha spiegato le ragioni, soprattutto politiche, oltre che tecniche, alla base del suo elaborato progettuale: in primis, l’urgenza di ridurre drasticamente l’inquinamento e i rischi per la salute della popolazione e degli stessi lavoratori. Registrando il vivo apprezzamento dei suoi interlocutori, ottimisti sulle possibilità di realizzazione e dunque sull’ipotesi di riprendere proficuamente la discussione, di lì a qualche mese, ad un livello decisionale ancora più vicino al vertice. I tempi sono stati più rapidi del previsto, ma nel frattempo il clima era cambiato. Invitato al secondo appuntamento, fissato per il 20 giugno, questa volta con “decision makers” di rango più elevato, due giorni prima della partenza giunge a mio padre un contrordine da Roma: la Sen. Floridia gli fa sapere che non è più richiesta la sua presenza, perché il dibattito avrebbe avuto ad oggetto argomenti di carattere squisitamente politico e non tecnico. Un improvviso cambio di direzione, confermato dall’esito negativo della riunione: niente riconversione, i piani industriali di ENI non la prevedono per Milazzo. Questa la spiegazione, piuttosto scarna, fornita dall’esponente pentastellato. Qual è la motivazione che ha determinato l’annullamento dell’intesa embrionale prodotta dal primo incontro? Tale fallimento è da imputare all’insipienza politica dei Cinque Stelle o sono intervenuti altri fattori ostativi di cui si è preferito non dar notizia?
Ad ogni modo, la parola fine non è stata ancora scritta. L’idea di riconversione ecologica per Milazzo, molto probabilmente, verrà sottoposta al vaglio del Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, da cui mio padre dovrebbe essere ricevuto al termine dell’estate.
Francesco D’Amico