PALERMO – Restare “cronisti di speranza” anche quando si racconta quel risvolto particolare della giustizia che è la pena. Lo hanno chiesto le Ucsi di Sicilia e Abruzzo ai giornalisti, non solo cattolici, che a Palermo hanno preso parte al seminario formativo dedicato alla Carta di Milano e al linguaggio dei media. L’evento formativo promosso e organizzato dall’Ucsi Sicilia si è svolto in sinergia con la “Fondazione Falcone” , Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti, Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Punto di partenza del seminario è stato il libro, “La speranza oltre le sbarre. Viaggio in un carcere di massima sicurezza”, della giornalista della Rai Abruzzo Angela Trentini e del teologo mons. Maurizio Gronchi. L’opera nasce nel Carcere di Sulmona, narra di sette uomini condannati per grandi crimini, per lo più killer di mafia tra i quali gli assassini dei giudici Falcone, Borsellino e Livatino, e dà la parola ai familiari delle vittime. Presenti gli autori, con la giornalista Maria Pia Farinella e, accanto a loro, la prof. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, ucciso, con la moglie e la scorta, nell’attentato mafioso di Capaci.
“Dalla Sicilia vogliamo far partire un cambiamento culturale profondo che ci porti a guardare con occhi diversi l’uomo che compie crimini, ha dichiarato durante il suo messaggio di saluto, il presidente Ucsi Sicilia Interdonato, uno sguardo che, mentre continua a ribadire con forza la condanna dell’atto, preservi la dignità che tutti, anche i più reietti di questo mondo hanno”.
Per Salvatore Di Salvo, consigliere nazionale Ucsi, “il testo, il suo raccontare tanto l’incontro condannati e con parenti delle vittime, il suo suscitare domande piuttosto che suggerire risposte è per il giornalista, soprattutto in una terra martoriata dalla criminalità quale la Sicilia, uno stimolo ad esercitare una grande virtù, quella della speranza. Esercizio quotidiano – aggiunge – non solo di chi racconta la cronaca, ma anche di chi vive la fede”.
Ai presenti Angela Trentini ha raccontato il suo “conflitto di giornalista: se raccontare la storia del criminale e cercare lo scoop o se narrare degli uomini. Abbiamo scelto di usare lo sguardo della speranza perché tutti ne abbiamo: ce l’hanno i carnefici e ce l’hanno i familiari delle vittime. Più che una scelta, ha detto, è una questione di dignità”.
“Dal male, sia fatto che subito, può venire qualcosa di buono? Esistono strade che portano a dare senso a quel briciolo di vita che ti rimane? – ha chiesto mons. Gronchi – Perché del male si può rimanere prigionieri sia dietro che fuori le sbarre di un carcere”.
Dopo l’invito ad una “sempre più cosciente catechesi all’umano, nella formazione dei giornalisti e degli uomini tutti” lanciato dal prof. Nasca, moderatore dell’incontro e presidente Ucsi di Palermo, la tesoriera dell’Odg Maria Pia Farinella, ha lanciato “l’appello alla libertà e alla responsabilità”.
Maria Falcone ha parlato di perdono. “Non provo odio verso chi ha spezzato la vita di chi amavo e mi chiedo perché, se è proprio del mio essere, del mio carattere o della fede che ho imparato in famiglia prima ancora che in parrocchia. Per questo chiedo a voi, giornalisti cattolici, da ‘fanatica dell’educazione e della istruzione’ quale sono, di diffondere cultura, fede e quella religione del dovere e del fare che oggi ci fa essere qui. Oggi mi sono commossa pensando a Giovanni, perché mi avete fatto sentire a mio agio, voi avete uno stile e un approccio diverso”.