Le criticità finanziarie dei comuni italiani, colpiti dalla grande crisi, sono aumentate sulla scia della crisi finanziaria. Il numero dei dissesti è cresciuto e anche la nuova fattispecie del riequilibrio finanziario pluriennale, introdotta alla fine del 2012, è stata attivata da molti enti. Nel complesso, sono stati interessati circa 800 comuni (poco meno del 10% del totale).Per migliorare i sistemi di controllo e prevenzione delle criticità occorrono basi informative coerenti e trasparenti. Per questo il Ministero dell’Interno e l’Università Cà Foscari Venezia hanno realizzato e pubblicato online una banca dati che raccoglie la documentazione riguardante le procedure di dissesto e riequilibrio dei Comuni italiani dal 2005 e sarà costantemente arricchita e aggiornata.(AGI) (AGI) – Venezia, 28 feb. – I ricercatori di Cà Foscari hanno presentato alla Camera dei Deputati un primo rapporto realizzato grazie allo studio della documentazione raccolta. Da oggi la nuova banca dati permetterà lo sviluppo di ulteriori analisi quantitative e qualitative. Il dissesto ha interessato nel complesso 588 comuni (con 32 casi di doppio dissesto e uno di dissesto nel dissesto). La distribuzione geografica mostra l’esistenza di una questione meridionale (485 casi, pari all’82 per cento sono nel Sud, con una forte concentrazione in Calabria, Campania e Sicilia). La storia dei dissesti è influenzata da due fattori: l’evoluzione della normativa e la grande crisi finanziaria. L’introduzione dell’organismo straordinario di liquidazione, nel 1993, e l’eliminazione del mutuo statale con la riforma del titolo V nel 2001 hanno provocato una rilevante riduzione, dopo la fase iniziale che aveva visto più di 40 dissesti l’anno in media nel quinquennio 1990-1994, seguita al picco del 1989, anno di introduzione dell’istituto, in cui si ebbero 125 casi. La grande crisi provoca una ripresa dei dissesti, prima lenta, poi con maggiore impatto (circa 20 dissesti l’anno dal 2012, con una crescita nell’ultimo biennio: 32 nel 2016 e 28 nel 2017). Il riequilibrio pluriennale è stato richiesto da circa 250 comuni, pur essendo stato introdotto solo alla fine del 2012. Anche qui si registra una marcata connotazione geografica, anche se meno accentuata rispetto a quella del dissesto. Solo la metà dei richiedenti della procedura ha chiesto anche l’accesso al fondo rotativo. La Corte dei conti ha approvato 83 Piani e ci sono un centinaio di istruttorie in corso. Dopo il picco del 2016 (56 richieste), nel 2017 si registra un rilevante calo (solo 8 richieste). “Pensare alla diffusione del ricorso a procedure di dissesto per risolvere le criticità finanziarie dei comuni – sostengono gli autori del rapporto – produce nel medio periodo un aumento dei costi a carico della collettività. Per ovviare agli squilibri è fondamentale una riorganizzazione strutturale del processo di gestione dei comuni e delle procedure d’insolvenza, che devono essere indirizzate al risanamento, ridefinendo il ruolo degli attori”. Il rapporto indica alcune proposte per una riforma degli istituti. Inoltre, propone di affrontare due nodi: l’eccessiva lunghezza dei tempi (che nel caso del riequilibrio è stata, con la legge di bilancio per il 2018, addirittura accresciuta fino a venti anni) e la concentrazione territoriale del fenomeno (che suggerisce un trattamento ad hoc, con procedure d’incisiva assistenza finanziaria e organizzativa).(AGI)