L’Italia entra a far parte degli ottavi di finale del campionato europeo di calcio: ma quanta fatica! Dopo la mortificante partita contro la Spagna che ci ha sovrastato in lungo e in largo, contro la Croazia ci si era ancorati alla speranza di vedere negli azzurri una sorta di reazione di squadra che potesse in qualche modo dare seguito al cammino europeo. E invece ha fatto capolino la sofferenza, la mancanza di idee, l’insicurezza in difesa, a centrocampo e, di conseguenza, in attacco. La “vecchia” Croazia ci ha messo subito in difficoltà, visto che per Modric e compagni, soltanto la vittoria avrebbe dato loro la certezza di andare agli ottavi e mandare a casa l’Italia. Ma questo non è successo, grazie a un colpo dell’ultimo secondo dei minuti di recupero da parte di Zaccagni, il quale, in maniera liberatoria, ha pareggiato quel gol di Modric che fino a quel momento ci vedeva estromessi dall’europeo. Tuttavia, pensiamo che ci sono due punti da porre in analisi in questa strana e per certi versi, pure incredibile partita: uno è il tratto emozionale vissuto con intensità e l’altro è il fatto tecnico. Sul primo punto legato all’emozione vissuta intensamente, ci deve far riflettere su come il calcio capace dii esprimersi attraverso i sentimenti e le lacrime di gioia e delusione, abbia sempre un fattore determinante nel farci vivere momenti di intensa emozione. Mettendo in analisi, invece, il lato tecnico emerso dalle due partite giocate contro Spagna e Croazia dagli azzurri, si evince una marcata assenza di propulsione al gioco d’attacco che il c.t. Spalletti ha sempre messo sulla base di ogni essenzialità di espressione di gioco moderno e vincente. Nulla di tutto questo si è visto, e niente ha fatto emergere la minima parvenza di gioco e personalità nella coralità tecnica e tattica della squadra. Troppe le assenze mentali che hanno fatto capolino a una difesa vacanziera che fa arrabbiare giustamente Donnarumma – unico baluardo nel difendere degnamente l’azzurro italico- mentre il centrocampo e l’attacco mostrano incomprensibili carenze tecniche nei troppi errori commessi in passaggi sbagliati e conseguente difficoltà nella fase di interdizione e di attacco. Solo Calafiori ( il Bechembauer azzurro) e Barella, (dopo Donnarumma) hanno dimostrato di farsi promotori di reazione propositiva che funge da esempio al generale smarrimento della squadra. E poi Spalletti che insiste su Jorginho come insostituibile direttore d’orchestra in un centrocampo fantasma. Non è più tempo per lui che ha un passo troppo flemmatico in un calcio in cui la perfezione del passaggio deve essere accompagnato da rapidità di esecuzione. Infine, a parer nostro, mancano gli esterni in grado di saltare l’avversario e dare superiorità numerica alla squadra. In questo, ne’ Chiesa, ne’ i quinti alternati a centrocampo hanno saputo fare la differenza per l’attacco. Insomma, pur con tutta la soddisfazione di avere superato il turno ed essere entrati agli ottavi di finale, dove ci aspetta la Svizzera, pensiamo che se non ci sarà veramente una svolta di mentalità e cambiamento tecnico, anche nel considerare Zaccagni un titolare, non ci saranno molte opportunità di continuare il percorso europeo. Naturalmente ci auguriamo di sbagliare.
Salvino Cavallaro