Non è la prima volta che Papa Francesco mostra onestà intellettuale nel mettere in evidenza ciò che non va nella Chiesa di oggi e quello che per forza di cose deve essere rivisto in un ammodernamento culturale, capace di avvicinare maggiormente i cattolici cristiani a Dio. Questa volta ha toccato il tema delle omelie durante la Messa:”L’omelia deve aiutare a trasferire la parola di Dio dal libro alla vita. Deve essere breve; un’immagine, un pensiero, un sentimento, devono durare non più di otto minuti, altrimenti la gente si stanca, si addormenta e perde l’attenzione”. Parole che possono sembrare contrarie alle antiche regole della Chiesa cattolica e sembrano andare contro alla difesa della categoria dei preti. Ma non è così, perché Papa Francesco ha capito primo di altri l’importanza di cogliere attraverso la preghiera e la breve riflessione sulle pagine domenicali del Vangelo, il senso profondo dell’emozione nella relazione con Dio. Non servono grandi parole, serve la capacità di sintesi nell’esprimere ciò che significa tradurre i concetti e trasferirli dalla pagina alla vita. È, in fondo, il concetto del concreto da capire, riflettere in breve tempo e farlo proprio nell’anima, nel cuore, nei sentimenti che portano a Dio in un rapporto profondo quanto personale. È la grande bellezza di imparare l’umiltà e quei sentimenti di tenerezza che avvicinano a Dio senza tante parole e squilli di tromba. Lunga vita a Papa Francesco. Ma un giorno, ci sarà la sua continuità?
Salvino Cavallaro