La vittoria di Alessandra Todde alle elezioni regionali del 2024 in Sardegna, fa riflettere come questo segnale politico, per nulla irrilevante, ci parli di una sorta di reazione da parte degli elettori sardi ai manganelli dati in testa agli studenti, come segnale di un pericoloso proseguire verso lo Stato di forza. Tuttavia, pensiamo che questo dato politico espresso in questa occasione, abbia una sua connotazione ben precisa che si delinei in una sorta di desiderio di cambiamento che si può ottenere soltanto grazie al così detto campo largo. L’unione fa la forza, in politica come in ogni altro settore della vita sociale. Da soli non si va da nessuna parte. E, per fare questo, è necessario che le parti politiche in accordo decidano di perdere una parte del proprio ego per offrirlo al bene comune. In buona sostanza, la vittoria del Centrosinistra in Sardegna contro il Centrodestra, ci dice che non solo si è azzeccata la candidata giusta da appoggiare ma, cosa importantissima, ci si accorge che la vittoria – anche se non nettissima – è data dall’unirsi del Partito Democratico della Sardegna (PD) – 94.411 voti pari al 13,8% – con Movimento 5 Stelle – 53.066 voti pari al 7,8% – Alleanza Verdi e Sinistra – 31.856 voti pari al 4,7% – Uniti per Alessandra Todde 27.261 voti pari al 4,0% – Orizzonte Comune 20.824 voti pari al 3,0% – Progressista 20.761 voti pari al 3,0% – Sinistra Futura 20.410 voti pari al 3,0% – Partito Socialista Italiano – Sardi in Europa – 11,529 voti, pari al 1,7% – Fortza Paris 5.950 voti pari allo 0,9% e Demos Democrazia Solidale 4.652 voti pari allo 0,7%. L’esile differenza delle percentuali dei voti ottenuta da Alessandra Todde (45,4%) su Paolo Truzzu, esponente del Centrodestra (45,0%) ci fa pensare come questa vittoria regionale di misura sul Centrodestra abbia ancora tanta strada da fare a livello nazionale. Il punto, secondo noi, è quello di proseguire su questa strada tracciata per avere ragione poco per volta di un Governo che bada più all’apparire senza essere; specie come figuranti della politica estera, dove il nostro Primo Ministro non perde l’occasione per mettersi in evidenza tra strette di mano e fotografie, filmati e interviste che parlano del quasi niente, ma assumono una cassa di risonanza costruita per apparire di una forza italica tutta europeista che, a detta di Giorgia Meloni, il precedente Governo Italiano non aveva. La sua forza di camminare a testa alta, dritta di schiena e poi l’incontro con i Capi di Stato più importanti d’Europa e d’America, fa da – “ti faccio vedere io come si fa a farsi rispettare” – contro il Governo precedente di Conte che si sarebbe presentato – a detta loro – informa dimessa e con il “cappello girato tra le mani” per chiedere quasi l’elemosina. Fatua e apparente sicurezza che parla di propaganda politica continua, con immagini, accordi e firme tra Stati Europei che esprimono demagogia politica come un fiume in piena. Il tema portato avanti con tanto orgoglio sulla gestione dei flussi migratori negli accordi con la Tunisia e l’Albania, ha dovuto confrontarsi con un significativo aumento di arrivi irregolari. E poi tanto altro, fino ad arrivare alle immagini dei manganelli dei poliziotti su giovani studenti che hanno fatto il giro del mondo. Il richiamo del Capo dello Stato Sergio Mattarella: “Manganellare i ragazzi è un fallimento” è un segno inequivocabile di monito al ravvedersi dal pericoloso segnale di egemonia. C’è, per noi, una sola cosa in positivo, ed è l’accordo bilaterale di sicurezza Italia – Ucraina tra Meloni e Zelensky, con una solida base (si spera) per una collaborazione a lungo termine; anche se Zelensky si lamenta che in Italia ci sono troppi filo Putin. Dunque, ritornando alla vittoria del Centrosinistra alle regionali sarde, si prenda lo spunto dell’unione tra le coalizioni di sinistra, mettendo da parte ogni velleità di atteggiarsi a primo salvatore della Patria.
Salvino Cavallaro