Un caro amico, vecchio compagno di liceo, intellettuale democratico di sinistra, ritiene che il ponte sullo Stretto, voluto soprattutto da Matteo Salvini, non sia realizzabile stando a quel che dicono molti accreditati ingegneri (che elenca), e che non sarebbe, ad ogni modo, conveniente, secondo il punto di vista di alcuni famosi economisti (che cita).
Perciò spera che tutto si risolva nella solita bolla di sapone e pensa che noi “nopontisti” dobbiamo, fiduciosamente, insistere e resistere.
Devo dire che invidio la serenità del mio amico e di molti amici che la pensano come lui. Ma non mi faccio illusioni sui neofascisti (variamente camuffati) di questi amari tempi, per i quali il ponte non è che uno strumento per conservare o rafforzare il potere: solo se perdessero le elezioni di giugno potrebbero, forse, cambiare idea. Ma siccome è presumibile, a lume di ragione politica, che avranno la maggioranza (dei votanti), mentre il 60% degli italiani continuerà a guardarsi l’ombelico e la Sinistra continuerà a frazionarsi, non è improbabile che continueranno nella loro opera di distruzione di un sito unico al mondo e di una splendida, ma prona, città. Non mi resterà che ritirarmi su … l’aventino del mio paese collinare, per non vedere lo scempio.
Non posso non considerare, infatti, che altro è l’augurio, l’auspicio, il desiderio, altro sono i meccanismi, magari brutali, della realtà (politica).
Certo, ognuno di noi deve fare la sua parte e resistere, ma io credo che potrebbe riuscire più stimolante (per i non-votanti) la mia modesta disamina che il consolatorio appello alla speranza.
Con un solo inconveniente: la mia voce è troppo fievole, priva di risonanza (non sono un deputato, non scrivo su un grande giornale, non frequento talk show in televisioni nazionali). Così va il mondo.
Resistiamo tuttavia: non votiamoli ed esortiamo i nostri concittadini (e i siciliani) a non votarli. Così si lotta davvero contro il… mostro.
Giuseppe Rando