E’ il cortomuso di Allegri? oppure è un problema di preparazione fisica e mentale? Dopo avere visto il match della Vecchia Signora d’Italia contro il Monza, viene da farsi più di un interrogativo su ciò che si intende quando parliamo di calcio. Si può essere di parte, si può legittimamente gioire per una partita vinta all’ultimo minuto con un gol liberatorio che porta in testa alla classifica e si può anche dare spazio alla coinvolgente, straripante emozione, di scatenare la propria gioia sotto la curva dei propri tifosi baciando la maglia. Tutto ci sta, tutto è adrenalina, tutto è pathos all’ennesima potenza. Ma se poniamo in analisi la partita nel suo evolversi calcistico, vediamo una Juventus che nel primo tempo ha meritato il vantaggio momentaneo del gol segnato da Rabiot di testa su calcio d’angolo, dopo che un minuto prima Vlahovic aveva sbagliato un rigore, e poi tanti altri tentativi falliti per raddoppiare. Ma a inizio del secondo tempo la luce si è spenta, il Monza è salito in cattedra schiacciando letteralmente i bianconeri nella propria area. Così i brianzoli, non solo sono arrivati al meritato pareggio, ma sotto la spinta dell’euforia data anche dalla rinuncia al gioco d’attacco della Juventus, hanno pure sfiorato la vittoria. Poi, l’epilogo del gol scatenante del gol di Gatti all’ultimo minuto, ha cancellato tutto ciò di inconcludente si è visto nel non gioco bianconero. Certo, si dirà che il calcio ci ha abituato anche a queste improvvise reazioni, tuttavia, non essendo la prima volta, nel gioco della Juve si dovrebbe cominciare a mettere in atto un atteggiamento fisico e mentale più consono al calcio moderno in cui la partita dura mediamente oltre 95 minuti e, come tale, si deve giocare correndo, pressando l’avversario senza abbassarsi e chiudersi in difesa, soffocando ogni propria iniziativa d’attacco. Se poi, invece, tale vittoria viene vista da un’angolazione diversa, ben venga l’apparenza di una conquista che pur non divertendo i fautori del bel calcio, fa certamente classifica e anche quel “Fino alla fine” che è l’emblema legittimo e rispettabile della storia della Juventus.
Salvino Cavallaro