So che questa notizia già nell’aria da diverso tempo, ha riempito l’universo granata e non solo. Il mondo mediatico, infatti, si è mosso in tempo per parlare di una delle figure più umanamente rappresentative del Torino F.C. proprio nel momento in cui dice:“E’ arrivato il momento di prendermi una pausa”. Tuttavia, ciò che mi preme personalmente, non è tanto accodarmi alla totalità dei pareri positivi e all’enorme simpatia verso Silvano Benedetti, il responsabile della Scuola e Primi Calci del Toro, che rappresenta ormai da tanti anni il faro illuminante di quella particolare educazione sportiva capace di intersecarsi tra la gioia di rincorrere un pallone e iniziare al contempo a ricavare dal gioco anche l’istruzione ai primi fondamentali di calcio. Con questo articolo vorrei invece narrare ciò che ho conosciuto tanti anni fa di questo ragazzo biondo, alto, dagli occhi espressivi, chiari come il sole e trasparenti come il cielo quando è terso, che aveva da poco ultimato la sua carriera da professionista corretto, forte nell’andare a marcare l’avversario e, soprattutto, attento a vivere la sua vita di calciatore in maniera esemplare nel rispettare ogni regola. Tante sono state le interviste che gli ho fatto e altrettanti sono i rapporti amichevoli che sono nati tra noi, dopo il primo impatto professionale tra giornalista e calciatore. Ma l’intervista che io ricordo con maggior affetto è stata quella audio che gli feci nello studio di Corso Chieti a Torino, che allora era gestito da Valerio Liboni, il cantautore dell’inno ufficiale del Toro. Ebbene, in quella occasione che poi diventò la raccolta di un cd intitolato “Granata Doc” in cui ho intervistato tanti illustri personaggi del Toro (compreso lo stesso Valerio Liboni), Silvano Benedetti mi disarmò con la sua straordinaria umanità e con quella spontanea schiettezza che nulla lasciava permettere all’ipocrisia di intervenire tra noi. La narrazione della sua vita cominciò fin da quella che è stata la sua famiglia di umile estrazione sociale, ma molto attenta a dare al proprio figlio quei valori di educazione e rispetto verso gli altri, che poi si sono sviluppati in lui come tratto emblematico del suo essere. Ricordo la sua attenta analisi sul senso della vita, della sua professione di calciatore appena terminata, dal suo essere amico fraterno di Antonio Comi, con il quale condivide ancora oggi un grande rapporto di amicizia. Ecco, l’amicizia vera! E’ uno dei sentimenti che maggiormente si ripetevano nel corso della mia intervista audio, dove dopo avere inforcato le cuffie e posto il microfono davanti alla bocca per volere del tecnico di studio che ci seguiva oltre il vetro che ci separava dalla stanza di registrazione, abbiamo proseguito Face to Face a parlare del suo lungo percorso umano e calcistico. E oggi, ascoltando le nostre voci di allora che risuonano su quel cd, sono ancora molte le emozioni vissute – nonostante i tanti anni ormai trascorsi da quella intervista registrata in quello studio. Ma Silvano è quello, Silvano è quella persona che in quella occasione ha saputo ricordare con gratitudine tutti i suoi allenatori, i compagni di squadra, fino alle persone più umili che hanno lavorato in tutte le società in cui ha giocato. Ovviamente il Toro gli è rimasto dentro l’anima e in più di una occasione ricordo il suo particolare ringraziamento a Don Rabino, il padre spirituale del Toro di quegli anni, con il quale aveva intrecciato un sano rapporto di amicizia anche nell’aiuto spirituale. Chiara l’interiorità di un uomo corretto in ogni situazione umana. E poi quella domanda che gli feci quando gli dissi: “Silvano, tu hai sempre avuto a che fare con i piccoli calciatori. Ma se qualcuno ti proponesse di andare ad allenare una squadra di calciatori adulti tu che faresti?” – questa è stata la sua risposta – “Ho avuto delle proposte di andare ad allenare squadre anche di Serie A, tuttavia, devo dirti che non lascerei mai i miei bambini e il mio “mare pulito” che riscontro nel rapporto con la loro ingenuità. E’ un fatto naturale che sento in me e che porto avanti con grande entusiasmo. E non sai quanto mi dispiace quando, per forza di cose, devo comunicare ai bambini e ai loro genitori che dopo una selezione fatta non possono più fare parte del Toro. E’ la cosa più difficile che mi tocca fare nel mio ruolo di responsabile della Scuola calcio. Trovare le parole giuste non è semplice, perché potresti creare dei traumi, delle delusioni che si possono ripercuotere nella loro vita. Distaccare un bimbo dai suoi compagni, dal gioco e dall’ambiente in cui è stato per qualche tempo è qualcosa di terribile. Eppure, questo è…..”. Ecco, questa è l’anima pulita di Silvano Benedetti, capace di estrinsecare il suo essere fragile e forte, nei momenti in cui nella vita è chiamato a fare delle scelte. E dal prossimo anno che al Torino non ci sarà più per svolgere la sua attività di responsabile dei più piccoli calciatori, lascerà sicuramente nelle persone che lo conoscono e apprezzano, un evidente alone nostalgico di ciò che nel tempo ha saputo creare attraverso le relazioni con i suoi bambini di allora che oggi sono adulti e magari non sono diventati calciatori. E poi i papà e le mamme di quel tempo che oggi sono diventati nonni e lo ricordano sempre con affetto. Il tempo è trascorso velocemente, tante cose sono cambiate assieme alle persone e ai vari momenti di vita. Ma lui, Silvano Benedetti è rimasto quello di un tempo, semplice, educato, rispettoso di tutti. Grazie Silvano! Buona vita.
Salvino Cavallaro