Dopo la lunga ed estenuante fermata dovuta alla pandemia covid, Santa Croce Camerina, i suoi abitanti e anche coloro i quali abitano nei paesi limitrofi, hanno sprigionato tutta l’energia e l’entusiasmo inibito da causa di forza maggiore. E attraverso in quel “Viva San Giuseppe e Viva Santa Croce” è stato come tornare più forti di prima attraverso un rinnovato entusiasmo che solo a vederlo emoziona perché sa di vita. Tre giorni di musica, teatro, tradizione, folklore, ma soprattutto di fede religiosa. Un autentico fiume di gente che si è riversata per le strade del centro di Santa Croce per l’edizione 2023 della festa di San Giuseppe. E, come dicevamo pocanzi, non solo i santacrocesi si sono stretti attorno al proprio Santo Patrono, ma anche moltissime persone arrivate dai comuni vicini e da fuori provincia per assistere agli spettacoli che l’Amministrazione Comunale, insieme al Comitato feste, ha organizzato. Partecipato il concerto di Bianca Atzei di sabato scorso, ma anche l’esibizione di Sasà Salvaggio di venerdì, primo appuntamento di rilievo dei festeggiamenti. Una storia che risale al 1832, quando il Barone Guglielmo Vitale, dopo la sua morte, lasciò alla Chiesa Madre la rendita di tre vignali per solennizzare la festa del Patriarca. In questa occasione si preparavano grandi tavolate, le cosi dette “Cene” che ancora oggi i fedeli di San Giuseppe offrono al beneamato Santo per devozione o grazia ricevuta. Un misto di religiosità che si interseca a una tradizione che è il vanto di tutta la popolazione di Santa Croce Camerina, la quale non bada a risparmio e, a costo di apparire opulenti, sulla tavola imbandita ci deve essere di tutto e di più. E’ la tradizione che lo impone, ma anche una devozione che se non sei del luogo difficilmente riesci a capire appieno. Su una coperta variopinta che fa da cornice alla tavolata, si fissano delle arance amare e dei limoni. Al centro si sistema un piccolo altare sul quale viene posto un quadro raffigurante la Sacra Famiglia, davanti al quale viene accesa una lampada ad olio “a lampa” e ai lati “u lauri”, il grano fatto germogliare al buio. La tavola viene imbandita con piatti caratteristici come “baccalà”, “polpette di riso”, “frittate agli asparagi”, “pastizzi” di spinaci e uva passa, vari tipi di biscotti e dolci come “cubaita”, “torrone”, “scaurati”,”cicirieddi”,”mastazzola”, “mustata”, primizie ortaggi e fiori profumati quali “fresia e balicu”. E’ come dire che non manca proprio nulla in un ben di Dio che è l’orgoglio di chi meglio prepara quel dolce e salato che è gioia per gli occhi e, soprattutto, per la pancia. Ma, a dire il vero, tutti questi buonissimi e folkloristici pianti variopinti, sono da considerarsi vera e propria arte tale da ammirare, e dove quasi ti dispiace di deturparne la bellezza quando è il momento di mangiare. Così come il Pane di San Giuseppe, detto anche “pani pulitu” che assume diverse particolari forme simboliche, perché lavorato e decorato da mani abili e esperte. Insomma, possiamo proprio dire di essere particolarmente orgogliosi delle tradizione di una Sicilia che non solo rinnova il proprio interesse a mantenere sempre vivo l’entusiasmo di fronte al mondo, ma sa essere fiero di rendersi partecipe nella continuità generazionale. E a Santa Croce tutto questo è fierezza, soprattutto quando in queste occasioni, anche i santacrocesi che abitano in varie zone dell’America e altri luoghi, sanno comunque essere presenti con una offerta al Santo Patriarca Giuseppe. E’ un fatto di fede che si associa alla preghiera che ciascuno riserva dentro il proprio cuore. Una richiesta di grazia cui ci si affida in una festa sfarzosa di luminarie, spettacolosi e variopinti giochi d’artificio che si inerpicano nel cielo ormai buio di Santa Croce, mentre il Santo viene portato in processione e a spalla dei fedeli. E’ Santa Croce Camerina in Provincia di Ragusa. E’ la festa di San Giuseppe che tutti gli anni rinnova la sua antica tradizione. E’ lo smisurato orgoglio di un appuntamento che per certi versi è unico.
Salvino Cavallaro