Chi mi segue tra le pagine di questo giornale, avrà sicuramente letto qualche settimana fa il mio articolo intitolato “Disamorarsi di calcio”. Un testo che ha provocato non poche critiche specie per quanto avevo scritto sulla Juventus e sulle sue vicende legali relative all’operazione Prisma. A questo avevo manifestato tutto il mio disamorarmi di un calcio che, soprattutto nell’organizzazione del Campionato del mondo da parte della FIFA, con deprecabile autoritarismo ha imposto determinate regole per nulla adatte a un sistema democratico. Così, alla mancanza di rispetto dei diritti umani riguardanti il superlavoro sottopagato degli operai cui è stata fatta una inumana pressione per finire in tempo i lussureggianti stadi che poi verranno abbattuti alla fine della Coppa del mondo, si è aggiunto il rifiuto da parte della Fifa al presidente ucraino Zelensky, di mandare in onda il suo discorso di pace: “Questa Coppa del Mondo ha dimostrato più volte che diversi paesi e nazionalità possono decidere chi è il più forte nel fair play, ma non giocando con il fuoco. Sul campo di gioco verde e non sul campo di battaglia rosso. Questo è il sogno di tante persone”. Ecco, il mio disamorarmi era semplicemente legato a tutte queste cose che hanno fatto crollare in me quelle lontane emozioni di un pallone giocato sul rettangolo verde, senza manovre esterne e deludenti inimicizie di Potere. Ma ieri, invece, dopo avere assistito alla finale di Coppa del Mondo tra Argentina e Francia mi sono ricreduto su quel calcio che sembrava sparito dentro la mia anima, incapace com’era di creare in me emozioni perdute. Proprio quelle stesse emozioni che mi hanno allontanato da quel pensiero di divergenze politiche per fare posto al gol, al dribbling, alla classe, all’inventiva, di Messi e Mbappè, ai loro compagni di squadra e a due nazionali di calcio che si sono date battaglia sportiva sul rettangolo verde. Gol ed emozioni che mi hanno fatto stare sulle spine fino all’ultimo istante, fino all’ultimo rigore, anche se la mia, la nostra Nazionale Italiana non c’è stata. E allora tra le lacrime di gioia e quelle di delusione ho rivissuto il senso umano del calcio in una partita che ha scritto la storia dei Campionati del Mondo attraverso incredibili capovolgimenti di fronte, senza fiato e capaci di mozzare il respiro. E poi il contorno sul confronto continuo tra Maradona e Messi, tra Mbappè e lo stesso Messi che creano mille opinioni. Pensieri spesso dettati da oggettività tecnica e altre volte su innamoramenti che ti trasportano fino all’eccesso. E allora ho pensato che se è vero che questo calcio qualche volta ci fa arrabbiare, disdegnare e pure annoiare in certe partite che deludono per incapacità di mettere in atto il vero gioco del pallone, è altresì vero che quando si assiste a partite di una finale di Coppa del Mondo come quella giocata tra Argentina e Francia, ecco che tutto passa in secondo piano; anche le cocenti delusioni di un calcio che sembra avere tradito tutte le tue aspettative di emozionarti. Sì, quella finale mi ha ridato la voglia di calcio e di scriverne i fatti con rinnovato entusiasmo. In fondo, è proprio sul rettangolo verde che nascono certe emozioni, non certo tra le carte avvolte da misteri e certezze finite in Procura.
Salvino Cavallaro