(di Francesco D’Amico)
Il giornalista e scrittore Luciano Mirone ha partecipato ad un recente incontro organizzato a Milazzo dall’Associazione culturale “Città Invisibili” presso la LUTE “Bartolo Cannistrà”, nei locali dell’ITI “Ettore Majorana”. Con lui hanno dialogato Santo Laganà e Alessio Pracanica, rispettivamente presidente e vicepresidente di “Città Invisibili”. Al centro del convegno, il nuovo lavoro di Mirone, “Itaca. Viaggio in un racconto dell’anima” (L’Informazione editore), narrazione autobiografica che rappresenta una metafora dei cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni nella morfologia sociale della Sicilia e del resto d’Italia; un itinerario civile e morale, romanzo vivente di formazione, che vede l’autore al fianco del padre Peppino Mirone, comandante dei carabinieri, nel suo excursus professionale in varie località dell’Isola, in un susseguirsi di luoghi ed avvenimenti che segnano nel profondo la coscienza del giovane Mirone, forgiandone la passione per il giornalismo come militanza civica.
Il viaggio inizia da “Itaca”-Belpasso, in provincia di Catania, e termina col ritorno ad “Itaca”, nel frattempo conquistata dai “Proci”, simbolo del degrado mafioso che tutto avvolge e corrompe, metafora storica dei mutamenti che hanno attraversato l’intero Paese. Nel “dialogo muto” con il padre, tramite cui si snodano le vicende, il protagonista ricompone la trama dei ricordi di una vita incentrata sui valori della legalità e sul coraggio di schierarsi in prima linea contro il malaffare più torbido. “Sono storie che io e mio padre rievochiamo in un dialogo muto verso la fine dei suoi giorni”. Mirone racconta la disponibilità al sacrificio di un figlio che accetta di seguire il genitore colonnello dei carabinieri nelle sue peregrinazioni in zone talvolta molto pericolose. “Un percorso di sofferenza e spirito di adattamento” spiega il giornalista, “che ti forgia e ti permette di conoscere tante realtà. Da mio padre ho ereditato un forte senso dell’etica. Eravamo a Trapani quando iniziarono le stragi dei corleonesi. Un giorno, egli stabilì il divieto di parcheggiare le auto lungo il perimetro della caserma. I miei giovani colleghi, che non lo sapevano, lasciarono proprio lì le loro macchine e ricevettero la multa; chiesi a mio padre se potesse risolvere la faccenda, lui mi rispose: ‘credi che io prima dia un ordine e poi diventi ricattabile?’. Alla fine, pagò le multe di tasca sua. Questo per dire che certi valori si acquisiscono solo con l’esempio e che la lezione sulla legalità deve necessariamente partire da esempi di valori, rinunce, sacrifici”.
Nel libro viene ricordato anche il comizio tenuto da Enrico Mattei in Sicilia, in cui il presidente dell’ENI aveva invitato i siciliani a non lasciare la loro terra, poiché il petrolio avrebbe garantito un benessere diffuso in tutta la regione. L’aereo di Mattei subisce un sabotaggio per volontà del boss catanese Giuseppe Calderone, predecessore di Santapaola: “Calderone aveva contatti coi servizi segreti di mezzo mondo. Fu eliminato da Santapaola, che ne prese il posto”. Il 3 settembre 1982 la mafia uccide il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa; il 5 gennaio 1984 è la volta di Pippo Fava. Il 2 aprile 1985, a Pizzolungo, nel trapanese, un attentato dinamitardo, destinato al giudice Carlo Palermo, pone fine all’esistenza di una madre e dei suoi due bambini. Quest’ultimo episodio spinge irrevocabilmente Luciano Mirone a intraprendere il mestiere di cronista antimafia.
Tante le corrispondenze emergenti dal raffronto tra le inchieste seguite da suo padre e quelle de “I Siciliani”, ma il giornale fondato da Fava si spinge oltre, scrivendo i nomi dei capi politici della criminalità mafiosa. L’ingresso nella redazione de “I Siciliani” costituisce per Mirone un’esperienza formativa impagabile, in cui sono fondamentali l’amicizia e gli insegnamenti di Riccardo Orioles.
Conclude l’autore di “Itaca”: “Pippo Fava diceva che «un giornalista dovrebbe essere anche un po’ scrittore», cioè capace di sondare in profondità le situazioni, le storie, l’anima delle persone e delle cose. Oggi la mafia è un fenomeno mondiale e il denaro è assurto a valore supremo dell’umanità: Itaca diventa espressione di questo mondo in cambiamento, in cui prevale la mancanza d’amore per la memoria e la bellezza”.
foto di Vito Riggi