Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”. Riecheggia ancora nelle orecchie di chi ha vissuto l’11 luglio 1982, quel finale glorioso in cui il telecronista Nando Martellini ha inneggiato la vittoria della Nazionale di Enzo Bearzot, che dopo avere sconfitto in finale la Germania Ovest per 3 a 1 si è laureata Campione del Mondo. Sarà perché stride il confronto malinconico di ciò che siamo diventati oggi a livello mondiale, sarà perché certi confronti il mondo del pallone ci ha sempre consigliato di non farli mai per diverse ragioni, fatto è che rifugiarsi nel ricordo di quegli abbracci, di quei sorrisi, di quellestrette di mano con il sanguigno, entusiasta ed orgoglioso presidente Pertini che ad ogni gol degli azzurri scattava in piedi come una molla, fa ancora oggi emozionare. Icone di un qualcosa di irripetibile. Sì, irripetibile su come questa conquista della Coppa del Mondo sia maturata tra tante polemiche e critiche mediatiche che accompagnarono gli azzurri fin dall’inizio del Campionato del mondo. Critiche che consigliarono di unire ancor di più quella Nazionale a chiudersi in sé stessa, in un silenzio stampa che risultò poi prolifico nell’intento di unione di squadra perfetta. Fu un “Tutti contro tutti e tutto” che portò ad un epilogo glorioso e inaspettato, che entrò nella storia e ancora, quarant’anni dopo, ci racconta le lacrime di gioia e quelle emozioni che si propagarono a tutta l’Italia, dalla Valle d’Aosta alle isole comprese. Scene che sono diventate un film, una sorta di rivisitazione quasi didattica che impartisce lezioni di football ed emozioni a chi 40anni fa non era neppure nato. Vivido il ricordo per chi a quell’epoca ha vissuto i brividi di quel giorno della finale al Santiago Bernabeu di Madrid, diventato un catino di bandiere che inneggiavano i nostri colori e coinvolgente per chi invece rivive ciò che non ha vissuto come presente. Tante le icone, tanti gli scatti che hanno fissato un’epoca e tanti i flashback che ci riportano a quel giorno di gloria di un pallone che rivivremo (rivivranno) di certo, ma non sappiamo quando. Era l’Italia dell’82, un Paese ancora scosso dal terrorismo, governato dal primo presidente non democristiano. In TV spopolavano i vari “Dallas” e i cartoni giapponesi, mentre per ridere andavamo a vedere al cinema “Ecceziunale….veramente” con Diego Abatantuono. In radio impazzava “Cuccurucucu’ di Battiato che fu la canzone amuleto degli Azzurri di Bearzot. Troppo bello tutto questo, troppo entusiasmante essere sul tetto del mondo di un calcio che, anche se diverso dai concetti tecnici e tattici di oggi, conserva il fascino della semplicità, dello spirito di unione di squadra che resta pur sempre al centro di ogni logica calcistica. E tra quelle tante icone immortali che raffigurano quei bellissimi momenti, passa davanti ai nostri occhi quel viaggio di ritorno in aereo in cui il Presidente Sandro Pertini giocava a carte con Bearzot, Zoff e Causio, quasi a volere dimostrare che umanamente parlando non c’era distacco tra il Presidente della Repubblica e alcuni artefici della memorabile vittoria della Coppa del Mondo. E mentre oggi è tutto più istituzionalmente programmato e distaccato, la storia del pallone del nostro tempo non si pone più neanche questo tipo di problema perché, purtroppo, siamo caduti amaramente in basso. Così, ci rifugiamo romanticamente dentro quell’11 luglio ’82, tuffandoci nel mare di un bellissimo ricordo che non vogliamo possa mai sbiadire nel tempo. E chissà, magari guardando e riguardando quell’iconico urlo di Tardelli, diventato storico, possiamo stemperare tante amarezze pallonare che rappresentano la realtà del nostropresente.
Salvino Cavallaro