Alla fine ha vinto la squadra più forte, quella che alla vigilia era data per favorita, anche se, a onor del vero, c’è da dire che oltre ad alcuni episodi dubbi dell’arbitro Valeri che chiude gli occhi a un possibile cartellino rosso per Brozovic e un rigore non dato a Vlahovic, il risultato di 4 a 2 a favore dell’Inter è sembrato troppo pesante, almeno per quanto si è visto in campo nei 120 minuti di gioco. Ma andiamo per ordine.
Inter: Con l’avvento di Simone Inzaghi, l’Inter è diventata la bestia nera della Juventus. Infatti, dopo avere vinto la Supercoppa Italiana, adesso pone in bacheca della società nerazzurra anche quella Coppa Italia che non vinceva più da dieci anni. Ma questa squadra, così com’è stata attrezzata in tutti i suoi reparti da Marotta e Ausilio, è tecnicamente la migliore del campionato. Così, il giovane tecnico ex Lazio, ha saputo lavorare bene in un ambiente che spesso l’ha criticato per scelte sbagliate sui cambi in partita in corso, ma che poi, a conti fatti, non hanno sortito così gravi danni ai fini della concretezza nei risultati. Certo, durante il campionato in corso l’Inter ha avuto anche un calo fisico e mentale soprattutto quando si è infortunato l’insostituibile Brozovic, ma poi ha ripreso con vigore il suo cammino che, nonostante tutto, la vede ancora in corsa per lo scudetto. Una ripresa da squadra vera, compatta, unita negli intenti e ben curata nello spogliatoio da un Inzaghi capace anche di gestire bene certi malumori di coloro i quali qualche volta per scelte tecniche, sono inizialmente rimasti fuori. Così com’è avvenuto questa sera, nella notte della finale di Coppa Italia contro la Juventus, in cui l’Inter ha avuto un approccio alla gara superiore agli avversari, andando in vantaggio con Barella al 7’ minuto con un gran tiro che si è insaccato nella porta dell’incolpevole Perin. Dopo il gol la squadra di Inzaghi mostra di essere in fiducia, mentre la Juventus evidenzia con chiarezza di accusare il colpo della rete subita a freddo. Tuttavia, verso il 30’ del primo tempo la Juventus sembra avere una timida reazione che non porta nessun vantaggio ai fini di un momentaneo pareggio nella prima parte della gara. Un pareggio che la squadra di Allegri ottiene al 51’ con Morata, mentre due minuti dopo va in vantaggio con Vlahovic. E mentre Allegri passa con la difesa a tre, all’80’ l’Inter pareggia su rigore tirato da Calhanoglu, causato da un’ingenuità di De Ligt che fa fallo in area su Lautaro Martinez. Così si va ai supplementari dovel’Inter spinge con maggiore convinzione in avanti, dimostrando di volere fare sua la partita e portare a casa la Coppa Italia. Al 97’altro rigore per l’Inter concesso dall’arbitro Valeri per l’ennesima ingenuità di De Ligt che sgambetta De Vrij in area. Il penalty tirato in maniera impeccabile da Perisic si trasforma in gol ed è 3 a 2 per i nerazzurri. La Juve sparisce, è nervosa, perde palloni nelle zone nevralgiche del campo e così ancora il monumentale Perisic si rende autore di una doppietta al 102’ minuto, con un mancino pazzesco da fuori area che fulmina letteralmente Perin.Al 104’ viene espulso lo scatenato Allegri che nel dopo partita dirà di essere stato scalciato da un giocatore dell’Inter. Momenti di nervosismo, di rabbia, di agonismo portato all’eccesso, ma la posta in palio era davvero troppo alta in una gara in cui si sono affrontate le due società che più di altre si guardano in cagnesco da sempre. E mentre il triplice fisco dell’arbitro Valeri decreta la fine delle ostilità, nello stadio Olimpico è un tripudio di bandiere nerazzurre in una notte sotto il cielo di Roma che si è tinta dei colori dell’Inter.
Juventus: Nessun titolo vinto, un misero quarto posto conquistato in campionato per la partecipazione alla Champions del prossimo anno con la fatica e la mancanza di idee, di gioco, di tutto. Per la Juventus è stato un anno da dimenticare, un anno fallimentare, dove ora, al tirar delle somme, pensiamo sia opportuno che il presidente Agnelli, Nedved e Arrivabene (ma che ci azzecca nel calcio questo dirigente?) facciano un passo indietro assieme a Max Allegri, lasciando il campo libero ai nuovi vertici societari. Troppi sono stati gli errori fatti in questi ultimi anni dal punto di vista di un progetto mai realmente portato a termine con convinzione e determinazione se non a parole. Troppe sono state le figure importanti epurate dai vertici di una società, il cui Consiglio Direttivo con John Elkann in testa, ha sempre promosso e dato fiducia oltre ogni merito. Prima mandi via Allegri per Sarri, poi prendi Pirlo e quindi richiami Allegri, sborsando parecchi milioni di euro che non ti fanno capire come non sei stato in grado di allestire una squadra competitiva per affrontare da Juventus tutte le competizioni cui partecipi. Più che parlare sempre di calciatori da acquistare o da vendere, riteniamo sia necessario in primis di rivedere i quadri dirigenziali, lasciando perdere antichi privilegi esistenti da sempre tra cugini di una casata Agnelli – Elkann che spesso ha mostrato tutto il suo conservatorismo a prescindere. Alla vigilia della finale di Coppa Italia, Allegri aveva detto che questa non era una ciliegina ma una torta vera e propria che avrebbe tratto una svolta. Troppo forte l’Inter di quest’anno, troppo ben strutturata tecnicamente e tatticamente rispetto a una Juventus che ha continuato a convivere soltanto con il suo nome altisonante ma non certamente con quanto ha fatto vedere in campo. E poi ci si soffermi su come è stata gestita fino all’ultimo la questione Dybala dal quale avrebbe potuto almeno guadagnare un bel po’ di milioni di euro dalla sua vendita. Oppure si metta a fuoco la supervalutazione data a De Ligt, un giocatore che quest’anno ha causato rigori su rigori per falli di mano e entrate fuori tempo in area di rigore. Insomma, per un Paratici che si allontana (o viene allontanato) c’è un Arrivabene – ChiefExsecutive Officer – che preso dalla Formula 1 viene fatto sedere in una delle più importanti poltrone dirigenziali della Juventus che si occupa di calcio e non di automobilismo. Insomma, tutto si èinabissato in una confusione tale che la Vecchia Signora non può permettersi di caderci dentro, senza che queste siano le naturali conseguenze. Un ultimo accenno di gratitudine va a Giorgio Chiellini, dimostratosi fino all’ultimo combattente coriaceo nel fisico e nel carattere, con quello spiccato senso di appartenenza che è prerogativa dei grandi campioni. Chiude la sua carriera tra l’amarezza di non avere vinto un ultimo trofeo che avrebbe meritato ampiamente per ciò che ha dato alla Juventus, ma senza mai ricorrere ai rimpianti che, così come dice lui, non ha.
Salvino Cavallaro