Vittoria Iannacone e Annalisa Insardà sul trono de “La regina nuda”.
Per la prima volta insieme sulla scena dopo un efficace connubio di penna e musica, Vittoria Iannacone e Annalisa Insardà danno l’abbrivio ad un progetto fatto di parole taglienti e sonorità radiofoniche che, in alternanza tra parlato e cantato, offre la sua voce a concetti sociali complessi e molto articolati, e questo perché non esistono linee di demarcazione nette che dividono il bene dal male, ma esistono zone grigie in cui arbitrariamente fluttuano confuse tra loro l’illegale e il possibile, ed inviduare l’uno o l’altro è solo una questione di personali interpretazioni. “La regina nuda” è la mafia che si racconta, che dal suo punto di vista spiega il perché ancora resista nelle maglie del tessuto sociale e come breve sarebbe la sua vita se smettesse di essere corroborata da ignoranza e povertà intellettuale. “Dare la parola alla mafia è come ascoltare il maltrattante e le sue ragioni, non perché ce ne siano, o per individuarne di plausibili, ma perché è dall’intimità dei disagi che si possono trovare possibili soluzioni” dice la Iannacone; e la Insardà prosegue: “Indagare non tanto l’origine del male quanto la sua diffusione capillare, pone le basi per cambiare certi punti di vista forse stantii, e collocare la mafia non per forza come causa ma anche, probabilmente, come effetto del disavanzo politico/sociale di certi territori”. Un brano che ci renderà scomodi e che porrà l’accento su un fatto: l’affare mafia non è certo costituito esclusivamente dalla malavita organizzata, ma anche da ciò che è ampiamente conosciutio come pensiero mafioso, cioè quel substrato culturale che sottende il fatto non democratico che ciò che probabilmente vale per gli altri, non vale per noi.
Musica Vittoria Iannacone
Testo Annalisa Insardà
Arrangiamento Antonio Allegro
Riprese videoclip Valentina Fusiello