Soprattutto in questo tempo di Pasqua Cristiana, sono molti i pensieri che ci assillano sul futuro del mondo. La guerra fratricida che impazza in Ucraina a causa di una Russia il cui Zar non intende ancora smettere di portare avanti con ferocia insistenza quello che viene definito un vero e proprio genocidio, trasmette tristezza, senso di fragilità e impotenza. Papa Francesco ha più di una volta chiesto la tregua almeno in questo periodo di Pasqua, ma tutto decade in un sordo e sanguinario Putin che non ascolta nessuno e va avanti come se nulla fosse. Questo uomo (definiamolo così) che dice di non volersi fermare all’Ucraina ma di volere cambiare l’assetto del mondo, è in assoluto contrasto con quello che in questi giorni viviamo per effetto della Settimana Santa. E così accostiamo il dolore, le lacrime, le paure di un popolo di civili decimato dall’odio sferrato da chi impone con l’arroganza la conquista del territorio. Tutto ciò in barba al pensiero della distruzione di un popolo i cui bambini non vengono risparmiati dall’incedere disumano dello spargimento di sangue. Innocenti abbattuti da una guerra feroce in cui emerge il conflitto e le false promesse del dio delle armi. Armi che sono indice di morte e odio senza pentimento alcuno. Armi che non possono sostituire il senso logico dei valori, del rispetto della vita, ma si conciliano soltanto con l’uccisione dei propri simili in una ricerca continua di scontro bellico tra uomo e uomo. Ma per che cosa? La storia ci insegna che ogni guerra si definisce come ciò che ci ha tramandato il soldato Joker in Full Metal Jacket di Kubrick – “Gli uomini sono nati per uccidere, ma portano il distintivo della pace in testa” – indicando il duplice e paradossale ingrediente che sembra connotare la natura e la storia dell’umanità fino ad oggi, che si caratterizza in aggressività e solidarietà, violenza e tolleranza, civiltà e barbarie, guerra e pace. E sembra proprio che nel suo macro paradossale controsenso, l’uno abbia sempre bisogno dell’altro per dare un senso là dove un significato alla guerra non c’è mai. Filosofie che nascono spontanee e si moltiplicano poi in un pensiero mistico, proprio quando la disperazione pervade ogni residuo sforzo di resilienza umana. E intanto definiamo la preghiera come ultima e unica speranza per lapace. La fede in Dio come unico vero rifugio di chi cerca l’amore e sa che per arrivarci talvolta è necessario vivere sulla nostra pelle la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ il nostro Dio, quello vero che ci parla di amore, di fratellanza, di rispetto dell’umanità. Una divinità che sta sopra di noi e va in contrapposizione con quelfalso dio delle armi, che dietro la morte promette il mendace senso dell’inesistente.
Salvino Cavallaro