Ci sono interviste che per la loro narrazione culturale e umana ti coinvolgono intensamente e sono piacevoli da leggere, proprio perché lasciano una speciale sensazione di benessere dell’anima. Così come quella fatta a Lucia Lo Bianco, scrittrice e poetessa di notevole sensibilità, capace di raccontare apertamente il suo essere donna attenta alle varie manifestazioni della vita vissuta e poi immortalarle attraverso il suo scrivere. Pensieri che spesso sono fuggevoli e, come tale, l’autrice si appresta immediatamente a tradurli attraverso l’ausilio della carta e della penna. E’ l’impronta indelebile che caratterizza come questa scrittrice di poesie e romanzi sappia far emergere il tratto di un personaggio concreto, ma al contempo romantico nella sua visione della vita e di quanto accade intorno a sé. Ascoltiamola dunque in questa piacevole intervista.
Dott.ssa Lo Bianco, come e quando nasce la sua passione per la scrittura?
“L’esigenza di scrivere e raccontare la porto dentro sin da piccola. Camminavo per i corridoi di casa e inventavo storie, secondo mia madre. Durante l’adolescenza ho poi cominciato a mettere giù qualcosa e ho istituito un quadernetto con titoli di possibili racconti che a mio parere avrebbero potuto catturare l’attenzione di ipotetici lettori. L’amore per la poesia è nato invece con la maturità.”
Palermo, la sua città natale. Che rapporto ha con la sua terra?
“Dico spesso che mi relaziono alla mia città come una madre fa con i propri figli. La mamma ama, proteggee accetta mancanze e difetti della prole. Palermo è una figlia difficile e ribelle che spesso non merita le attenzioni che le vengono date. Allo stesso tempo è bella e affascinante e monopolizza l’affetto. La amo nonostante tutto e la porto nel DNA al punto da non riuscire a scrivere senza la mia “sicilianità”.
Numerosi sono i suoi libri pubblicati in tanti anni di impegno letterario capace di ricevere molti riconoscimenti. C’è un libro in particolare cui lei è maggiormente legata?
“Sono legata a tutto quello che ho scritto ma mi è particolarmente cara la silloge di poesie “Sono una barca” per il messaggio umano e sociale che ho cercato di trasmettere. La barca diventa una persona che trasporta vite umane e soffre per il loro tragico destino mentre il mare colora tutti i testi della silloge fornendo il contesto per tante storie di vita e d’amore.”
“E fu Capaci a scrivere memoria” e “Come per magia”. Due testi da lei scritti che sono stati premiati la scorsa estate al Premio Letterario Teseo di Milazzo. Storia e fantasia si intersecano in una commistione di sentimenti capaci di fare emergere la sua sensibilità ed eclettismo nel proporre con facilità diverse tematiche culturali. E’ così?
“Sì e la ringrazio per avere evidenziato questi aspetti della mia scrittura. Ho una formazione classica che salta fuori di tanto in tanto nella struttura del mio verso e nella divisione in strofe. La poesia del ‘900 tuttavia ha introdotto l’uso del verso libero dove cerco di muovermi rispettando però sempre l’idea che la poesia debba caratterizzarsi per un uso del linguaggio che sia denso di suoni e immagini. Ultimamente la mia poesia si sta indirizzando molto su fatti di cronaca che mi colpiscono particolarmente e su tematiche sociali. “E fu Capaci a scrivere memoria” è un tributo alla mia città e agli eroi morti per combattere la mafia. Il racconto “Come per magia” nasce invece da un’esperienza personale ma poi si sviluppa autonomamente con fatti e avventure che vivono solo nella mia fantasia e, forse, nei desideri più profondi del mio animo.”
Dott.ssa Lo Bianco, che cos’è per lei l’emozione?
“E’ una bellissima domanda. Le emozioni fanno parte della nostra vita e non esisteremmo senza. Nascono inaspettatamente, per suggestioni sensoriali o ricordi. Ci rendono vivi, in grado di provare gioie e dolori e ci accompagnano sempre. Sono momenti fuggevoli e svaniscono subito ecco perché bisogna immediatamente arrestarli e prendere nota.”
E veniamo alla sua ultima fatica letteraria in uscita a marzo, che sarà presentata al Premio Campiello 2022. Stiamo parlando di “Dove gli angeli camminano di notte”. Come nasce l’idea di scrivere questo libro?
“Il 1 gennaio del 2021 sono stata ricoverata d’urgenza per peritonite acuta. L’operazione è stata risolutiva e grazie a medici e personale sanitario oggi posso raccontare la mia storia. La settimana di degenza, senza vedere nessuno in un periodo di emergenza pandemica, mi ha fatto riflettere su tante cose ed al mio ritorno a casa ho cominciato subito a scrivere per esorcizzare paure e fantasmi che avevano vissuto con me in quel periodo. Questa la genesi del mio romanzo.”
Quindi c’è qualcosa di autobiografico nella storia da lei narrata. E di Beatrice, che trovandosi in un letto d’ospedale guarda oltre la finestra e passa in rassegna i momenti salienti della sua vita.
“Credo che vi sia sempre qualcosa di autobiografico in quello che scriviamo anche se le storie poi sfuggono alla nostra penna e cominciano a vivere una vita propria. Beatrice mi somiglia nella capacità di ricordare e dare un senso agli eventi della sua vita passata anche se ho cercato di osservare questo personaggio dall’esterno, proprio come mi è capitato di fare durante il mio ricovero con alcune delle pazienti che accompagnavano le mie giornate. I loro discorsi e le loro ansie mi hanno tenuto compagnia per una settimana e così tutto ha preso forma. Lucia Lo Bianco è presente nel romanzo e forse i lettori riusciranno ad identificarla.”
In tutto questo c’è quella forma filosofica del tempo che fugge via inesorabile? Un tema a lei molto caro, che già in passato ha descritto nella sua sillogi “Il silenzio del tempo”.
“Sì, la tematica del tempo è una costante sia nelle mie poesie che nei racconti. Ne“Il Silenzio del Tempo” aleggia l’illusione che il tempo possa parlarci, suggerire soluzioni ai nostri drammi quotidiani, aiutarci a riconsiderare il nostro passato e le motivazioni che ci hanno portato ad agire in un certo modo. Ma il tempo appunto non parla, esercita il diritto al silenzio e rimane quindi un percorso ancora da completare nella speranza che si possa un giorno riuscire a dialogare col tempo, decifrandone i codici misteriosi e i significati più nascosti. La poesia è piena di autori e testi che hanno evidenziato l’importanza della dimensione temporale. La mia formazione mi porta a ricordare Shakespeare, John Keats fino ad Eliot secondo il quale tempo passato e tempo presente coincidono e convivono nella mente del poeta.”
Si ritiene più scrittrice o poetessa?
“Difficile dirlo. La voglia di scrivere e di raccontare spesso disturbano il mio sonno e devo alzarmi, allora, per trasferire sulla carta un pensiero fugace, un’idea. La poesia riesce sicuramente a rendere fruibile l’immediatezza di emozioni e sensazioni. Al momento, forse, sono ancora poetessa ed è per questo che anche la mia prosa si colora di immagini poetiche.”
Dopo avere vissuto la pandemia da Covid 19 e il terribile confinamento cui tutti noi siamo stati sottoposti, adesso siamo presi dalla terribile guerra tra Russia e Ucraina. Come sta vivendo questo tempo di interminabile ansia per il futuro del mondo?
“Come tutti vivo questo periodo con ansia ed incertezza. È stato duro affrontare questi due anni di pandemia e la scrittura mi ha aiutato tanto. Alcuni racconti di “Le donne lo dicono” riflettono lo stato d’animo e i cambiamenti nello stile di vita dell’emergenza sanitaria. La guerra tra Russia e Ucraina giunge in un momento in cui cominciavamo a sperare in un ritorno alla normalità e sento una forte oppressione per le vittime di un conflitto insensato e per il futuro dei nostri giovani. Credo che ognuno debba contribuire come può ma soprattutto è necessario trovare forme per reagire senza lasciarsi sopraffare da dolore e sofferenza.”
La vita come significato profondo del dono di Dio. Le capita qualche volta di pensarci?
“Sì, ogni giorno e da credente non posso non affidare a Lui e alla preghiera l’incerto futuro di una umanità sull’orlo di un precipizio.”
Dott.ssa Lo Bianco, sta già pensando al suo prossimo libro?
Ho già completato un’altra silloge di poesie ed un’altra storia è pronta e aspetta solo di vivere nelle pagine di un romanzo.
Salvino Cavallaro