Non nascondo di aver perso con piacere il primo tempo della partita di calcio Juventus – Verona, nonostante fosse inserito nel programma della giornata di scrivere l’articolo richiesto dalla redazione. Tuttavia, è stato più forte di me il piacere di seguire le parole di Papa Francesco all’interno dell’intervista fatta da Fabio Fazio. Non era mai successo che un Papa si spogliasse della sua autorità pontificia per presentare il suo volto privato in uno dei salotti televisivi più seguiti in Italia. Ebbene, devo manifestare tutta la mia attenzione nel seguire passo dopo passo ogni risposta di Papa Francesco che, come sempre, ha saputo infondere con la delicatezza delle sue espressioni, momenti di toccanti e profondi pensieri capaci di infiltrarsi nell’anima e toccare le coscienze di ognuno, sia esso credente o no. Sì, perché Papa Francesco ha quel suo modo di parlare del Vangelo e di Dio, come fossero i momenti che viviamo nel nostro tempo. Momenti politici con le guerre dettate dai potenti del mondo come fatto “primario”, che si intersecano alla “secondarietà” dei bisogni dell’uomo e alla sua impellente urgenza di essere aiutato a vivere con dignità. Coerente al programma dettato da una Chiesa più aperta e moderna, Papa Francesco seduto su una sedia dell’albergo di Casa Santa Marta, risponde alle domande di Fabio Fazio con la solita lucidità di pensiero, addivenendo sempre più a quel suo esprimersi a 360 gradi sulle grandi urgenze del mondo quali, ad esempio, il problema dei migranti, il clima, il lavoro, le guerre e non ultimo il richiamo all’Unione Europea a risolvere con urgenza il difficile tema degli sbarchi nel Mediterraneo, senza mai girarsi dall’altra parte. E poi l’integrazione come fatto dovuto di ospitalità nell’organizzazione tra tutti i Paesi Europei, che sentano forte quel richiamo di aiuto umanitario capace di toccare le coscienze più egoisticamente chiuse. E quando Fazio, chiedendo scusa al Pontefice è entrato a fare domande più private e tra queste: “Si è mai sentito solo? Lei ha degli amici” Papa Francesco ha risposto così: “Ho pochi amici ma veri” e spiega di avere scelto di vivere a Santa Marta e non nel palazzo apostolico proprio per potere stare con gli altri: “Non sono un santo come i miei predecessori che vivevano là. Io ho bisogno degli amici. Le amicizie mi danno forza”. C’è poi un’altra bella frase di Papa Francesco che fa molto riflettere; questa: “La mondanità spirituale è il peggiore dei mali della Chiesa”. E intanto continua la chiacchierata con Papa Francesco, proprio come fosse uno di noi, uno qualunque che davanti alla telecamera e ai riflettori è come se si trovasse davanti alla gente, a cui chiede sempre: “Per favore, ricordatevi di pregare per me”. Già, il concetto di preghiera a Dio che si è sviluppato in maniera molto chiara tra le altre innumerevoli tematiche di alto senso teologico, là dove per preghiera si intende parlare con Dio attraverso il cuore, confidando le proprie fragilità, i momenti di vita difficile, proprio quando tutto sembra avvolto dall’oscurità delle tenebre. Pregare, dice Papa Francesco, è rivolgersi a Dio come facciamo con il nostro amico migliore, è dialogare, aprirsi, confidare, mettendo in atto quella sorta di empatia che conosciamo nel rapporto tra noi simili. E poi quel riferimento alla foto di una bimba in piena guerra che senza scarpe e con i piedini sulla neve tremava dal freddo senza avere aiuto alcuno. Il Papa è stato molto chiaro, ed è ritornato a parlare della guerra che tutto distrugge e nulla tende a costruire. “Quando ho incontrato i capi della varie Nazioni del mondo” dice Papa Francesco “sono stati tutti molto gentili, garbati, cordiali anche quando si sono toccati i grandi temi della pace del mondo. Poi, però, a conti fatti, la priorità dei grandi interessi economici delle varie potenze, hanno prevaricato i bisogni dell’uomo”. E mentre continua il colloquio tra Fabio Fazio e Papa Francesco, non posso fare a meno di pensare come la grandezza di Sua Santità sia racchiusa in una purezza d’animo che disarma, che non può essere mai confusa con un semplice modo di fare o di dire, ma si manifesta in tutta la sua grandezza e semplicità nel fare riflettere sui principi dei valori umani e sociali che sono strettamente legati al Vangelo. Il bene e il male, i personaggi degli Apostoli, i percorsi di Dio fatto uomo che è stato perseguitato, sbeffeggiato, tradito, crocifisso con una corona di spine sul capo, per poi in punto di morte dire: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, non è forse la metafora del quotidiano, della disperazione e delle nostre fragilità nel percorso della nostra vita? Ecco, ritengo che dialogare a tu per tu con Papa Francesco sia stato proficuo anche nel ricordarci di non guardare mai dall’alto verso il basso i nostri simili, ma metterci sempre sullo stesso livello con umalità. Anche questo è simbolo di fratellanza e di amicizia, perché ognuno di noi ha sempre bisogno dell’altro. Proprio come quando preghiamo Dio e gli parliamo intimamente.
Salvino Cavallaro