Quella di Felice Munafò, chef di alta scuola italiana e imprenditore della ristorazione, è una bella storia di vita partita proprio da Trappitello, la piccola frazione del Comune di Taormina. Oggi si trova a Sanremo a deliziare con i suoi piatti i clienti arrivati da molte parti del mondo all’Hotel Des Anglais, lo storico albergo della bellissima città ligure. Parliamo naturalmente di un turismo di elite, di alta classe e non di massa, in cui ogni angolo di questa struttura, compresa la cucina, richiede una professionalità di particolare rilievo. Ed è proprio lì che opera lo Chef Felice Munafò, conosciuto e stimato per la fantasia e la qualità dei cibi che diventano arte e pregevole gusto per palati fini. Ma il calcio e la sua passione per il Toro non l’abbandona mai fin da piccolo, proprio quando ha mosso i primi calci al pallone proprio nella piccola frazione di Trappitello in cui è nato. Oggi lo abbiamo incontrato e subito abbiamo riscontrato in lui il desiderio di raccontarsi, di parlare dei suoi trascorsi umani, professionali e calcistici granata che abbiamo raccolto in questa intervista.
Felice Munafò, la sua storia di chef parte proprio dalla Sicilia, il luogo dov’è nato. Che legame ha con la sua terra d’origine?
“Bellissimo, anzi di più. Ho studiato a Giardini Naxos perché a Trappitello, nella frazione di Taormina in cui sono nato, non c’erano le scuole. Calcisticamente, invece, mi sono formato nella piccola società del mio paese che era affiliata a un Torino Club. Ricordo che mi piaceva giocare a calcio ed ho continuato per un certo periodo di tempo, sognando magari che qualcuno di casa Toro si accorgesse di me. Questo non è successo, ma è stato bello lo stesso”.
Oggi che è diventato un vero e proprio imprenditore della ristorazione italiana, dove svolge la sua attività di chef? A Taormina ha ancora il ristorante “Il geranio”?
“Attualmente mi trovo all’Hotel Des Anglais di Sanremo, un albergo nato negli anni ’90 che ha una bellissima storia. A Taormina ho chiuso nel 2012 il mio ristorante “Il geranio”, un locale che adesso è diventato una villa patronale. Adesso mi trovo bene qui a Sanremo e mi auguro di restarci ancora per tanti anni”.
Durante il periodo del Festival di Sanremo, quanto incide la sua attività professionale sul suo fatturato?
“No, non incide per nulla. Il mio fatturato è standard. Posso dire che quella settimana dedicata al Festival, a Sanremo sembra di essere al 15 agosto, talmente pullula di turisti che arrivano da ogni parte del mondo”.
Come nasce la sua passione per il Toro?
“Nasce proprio dal Trappitello calcio, ai tempi in cui giocavo e la società era affiliata al Torino Calcio. Mi ricordo ancora quando arrivavano le divise nuove, che bello che era! Io ho fatto tutta la trafila del calcio giovanile in questa società nata intorno al 1975’76”.
Enea Benedetto l’ha insignito presidente del Consorzio Toro Club. Ci spiega esattamente di che cosa si tratta?
“Enea è un grande, una persona che ha mille idee e le propone sempre con grande entusiasmo. Con questo Consorzio Toro Club, lui vuole praticamente costituire un’associazione di ristoratori tifosi del Toro che allarghino insieme la loro partecipazione”.
Che idea si è fatto del Comitato Taurinorum che aderisce al nascente Comitato di Difesa del Toro?
“Ho molta fiducia in Enea and Company e le posso garantire che è una persona molto intelligente e questo, mi creda, non è cosa da poco. Credo molto in questo progetto e sono convinto che questa forma di azionariato popolare sarà un successo e si tramuterà prima o poi con l’acquisto del Torino. Enea sta mettendo l’anima in questo progetto e sono convinto che con l’aiuto di chi lo sostiene riuscirà nell’intento”.
Munafò, quanto è importante proteggere, esaltare e onorare la gloriosa storia del Toro e il suo immenso patrimonio sociale, sportivo e culturale?
“Tantissimo. La storia del Toro non è iniziata ieri ma molti anni fa. Poi c’è stato l’epilogo della tragedia che tutti noi sappiamo. Il Toro è una storia infinita che racchiude cultura sportiva e sociale con aspetti che dovrebbero essere persino impartiti nelle scuole. E davanti a tanto patrimonio, resta impossibile non essere sensibilizzati a onorarla con il progetto di non farla dimenticare”.
E’ vero che ha molti legami con i Club Granata di Sicilia e d’Italia?
“Sì, ho molti contatti con i club granata, con i quali collaboro. Poi c’è un caro amico che gestisce un bar in Sicilia, il quale mi ha chiesto molte volte la maglietta del Toro. Lui ha una macchinetta del caffè granata e un angolo del bar riservato esclusivamente a tutto ciò che riguarda il Toro. E’ un grande anche lui”.
Per finire, cosa pensa del Toro di oggi e del presidente Cairo?
“Del presidente Cairo preferisco non parlare. Le posso dire che mi piace tantissimo Juric che ritengo un ottimo allenatore emergente, capace di fare molta strada. Lui è davvero molto bravo. Penso che sia uno dei migliori allenatori che abbiamo in Italia assieme a Roberto De Zerbi, che adesso allena lo Shakhtar”.
Salvino Cavallaro