Nessuno del suo grande pubblico sapeva nulla di Gianfranco Jannuzzo fotografo, amante di quella speciale arte di trasmettere emozioni senza parole, che fa interpretare attraverso gli scatti quei sentimenti che svelano l’anima sensibile. Ma chi lo conosce davvero da sempre, sa che nel ripercorrere i suoi trascorsi umani e sociali, emerge questo suo interesse mai sopito di fotografare e immortalare volti, luoghi, strade, vicoli, scalinate, specie della sua Agrigento. “Puoi allontanarti dalla tua Città…..è la tua Città che non si allontana da te”. Così recita nel suo spettacolo “Girgenti, amore mio” citando Angelo Callipo. Parole che narrano tutta l’anima di questo attore siciliano che ha studiato dialetti e fatto recitazione ad alti livelli, dopo essere uscito da quella “Bottega” – laboratorio culturale – che per definizione s’intendeva la scuola fondata e diretta dal grande Gigi Proietti. Un amore, quello per il teatro e la recitazione, che Gianfranco Jannuzzo ha inseguito fin dalla sua giovane età, proprio nel periodo in cui tutta la sua famiglia si trasferì a Roma da Agrigento. Già, quella Agrigento che gli è rimasta dentro l’anima, radicata da indelebili immagini legate alla sua giovinezza e a quei volti bruciati dal sole, che in bianco e nero facevano emergere sentimenti ed emozioni che solo uno scatto fotografico poteva immortalare. Eppure, quella sua Agrigento la cui genesi storica la fa passare attraverso Akragas per i Greci, Agrigentum per i Romani, Gergent per gli Arabi, Girgenti per i Normanni è il suo mondo, è quel legame indissolubile per un luogo che va oltre il mero posto in cui si è nati. Tanti sono i testi che arricchiscono le foto del volume “Gente mia” edito da Medinova a cura di Angelo Pitrone, in cui Jannuzzo descrive i volti pieni di luce degli abitanti di Agrigento a cui dedica con affetto la sua opera fotografica. E’ un po’ come assaporare un passato che è sempre presente in lui, e dove in fondo non servono tante parole per accarezzarne l’anima. E’ quel sud che gli appartiene nelle parole, attraverso la recitazione, i dialetti, gli incontri con la sua gente e adesso pure con la fotografia che è poesia di attimi, espressione di un rapporto con la sua terra che è sempre vivido, nonostante Gianfranco Jannuzzo viva tra Roma e Milano ormai da tanti anni e abbia girato il mondo. Ma lì, in quell’angolo di mondo chiamato Girgenti, questo artista eclettico ritorna sempre per sentire il profumo di certi angoli che racchiudono la sua vita e sono la sintesi del suo essere. Proprio come le fotografie in bianco e nero che ci regala in questo suo libro di pura arte che sa anche di tecnica fotografica, oltreché di palpabile trasmissione di sentimenti. Sì, perché in ognuno di noi che ha lasciato il proprio sud per i più svariati motivi legati al destino, c’è l’anima in bianco e nero che s’incontra coi volti della propria gente, i vecchi che giocano a carte sui tavolini dei bar all’aperto e quei sguardi che parlano da soli senza che nessuno gli abbia chiesto di farlo. Ecco, diremmo proprio che con questa sua opera fotografica e letteraria Gianfranco Jannuzzo ha ancora una volta rispolverato la magia di qualcosa che si chiama amore per la propria terra d’origine, in cui non soltanto gli agrigentini e i siciliani in genere possono comprenderne i contenuti, ma anche coloro i quali sono nati in altre parti d’Italia e del mondo. Sì, perché in ognuno di noi si racchiude la propria storia, il proprio percorso di vita, la propria narrazione personale sulla quale fare emergere ciò che si imprime al cuore e non si dimentica mai. Ecco, questo è il messaggio che Gianfranco Jannuzzo ha voluto darci con il suo splendido volume di bellissime foto che rappresentano il romanzo della sua vita.
Salvino Cavallaro