Sono stato al Salone del Libro e mi sono fatto coinvolgere dall’emozione del mondo della letteratura che coincide con il ritorno alla vita. Non a caso si chiama “Vita Supernova”, il titolo dato appositamente a questa edizione che è giunta al suo 33esimo appuntamento. Finalmente in presenza pur nel rispetto delle regole anti covid, a gustare l’affascinante sensazione di condividere tutti insieme momenti di riflessione sulla cultura che riunisce tutti con l’entusiasmo del ritorno alla vita.
Detto questo, vorrei raccontare il mio interesse nel visitare i vari stand ascoltando anche le varie presentazioni di libri. Un viaggio tra le pagine che sanno di desiderio di ripresa, dove ho apprezzato particolarmente l’accoglienza avuta presso lo stand dell’editore Il Convivio di Castiglione di Sicilia in provincia di Catania. Molto cordiale è stata la Direttrice Responsabile Enza Conti, con la quale ho avuto modo di scambiare interessanti vedute sulle varie iniziative culturali di questa editoria e sui testi da loro pubblicati. Tra questi ho avuto visto in bella presenza i due volumi dal titolo “In ver Si” della scrittrice Maria Buongiovanni che avevo già recensito questa estate, e poi i libri “Un canto di parole” scritto da Maria Lizzio e “Il gioco di Penelope” della scrittrice Maria Rosa Irrera. Mamma e figlia legate dalla grande passione verso la scrittura e la letteratura, un qualcosa che non s’inventa dal nulla ma che ha radici profonde di strade percorse attraverso gli studi, l’amore e l’idem sentire verso il fantastico mondo dell’arte letteraria.
“Un canto di parole” di Maria Lizzio.
Così si legge sulla descrizione del libro, redatta proprio dalla figlia Maria Rosa Irrera: “Sottesa all’intera raccolta poetica, che si snoda come un percorso in tre tappe, è la fiducia nella parola creatrice, che si sforza di arginare il senso del vuoto, esperienza comune al vivere dell’uomo. Ma questa parola, nella misura in cui è unica e necessaria, attinge anche la dimensione e la consolazione del bello e si fa canto, superando, a suo modo, anche l’esperienza tragica dell’esistenza”.
“Il gioco di Penelope” di Maria Rosa Irrera.
Questo è invece il pensiero di Massimiliano Pricoco sul significato del libro della scrittrice Maria Rosa Irrera: “Parafrasando la materialità della raccolta poetica, essa è qualcosa di intenso che cerca stabilità da impreziosire con la fantasia, ed arricchire col proprio bagaglio di esperienze, che allo stesso tempo teme e si innamora, si addolora e guarisce della/dalla quotidianità domestica consegnata al lettore con il travaglio delle spighe, le ombre delle ore e delle finestre, la tristezza delle partiture, il volto nuovo delle bambole, l’amaca che dondola versi e i cigni che si disegnano dagli occhi, per citarne solo alcuni. C’è un tentativo quasi indefesso di considerare la parola come la panacea alla quale ognuno deve guardare per guarire se stessi innanzitutto, per poi lasciare aprire tra le parole e con le parole quelle crepe da dove si inizia a inseguire i sogni”.
Salvino Cavallaro