Nell’ambito del XIV Festival Nazionale Luigi Pirandello, il 25 luglio alle ore 17,00 presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino, ci sarà un altro evento culturale da non perdere: “CIAK SI GIRA!” del regista Giulio Graglia. Tratto da “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” di Luigi Pirandello, la produzione Linguadoc Communication ha ideato la storia del cinema muto a Torino, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e TFF. Lo spettacolo che ha come protagonista Eugenio Allegri, un one man show dalle grandi capacità di intrattenimento, si terrà all’interno della Mole Antonelliana di Torino. Uno spettacolo di classe e stile in una location che oltre a rappresentare il Museo del Cinema di Torino è anche il salotto del monumento simbolo della città sabauda. L’azione si svolge a Torino in piena epopea del cinema muto, proprio in quell’anno 1914 di Cabiria di Giovanni Pastrone. Serafino Gubbio è un cineoperatore al centro di una storia la cui radice rappresenta quel cinema in cui si intrecciano situazioni che si sviluppano tra realtà e finzione. Il romanzo di Luigi Pirandello, inizialmente pubblicato nel 1916 con il titolo “Si gira…” è stato successivamente riveduto nel 1925 con “Quaderni di Serafino Gubbio operatore” in cui l’autore siciliano affronta direttamente i temi della macchina e dell’età contemporanea. In questo particolare romanzo di Luigi Pirandello, si dipanano tutta una serie di riflessioni sull’inutilità della vita nell’era della macchina. Infatti, l’esistenza viene presentata come una corsa dove tutto è all’insegna della fretta dove non c’è tempo per riflettere neanche sul significato della morte. E’ certo che a suo modo, l’illustre commediografo siciliano aveva previsto attraverso i suoi romanzi, ciò che sarebbe diventato il mondo un secolo dopo quello da lui vissuto. Un mondo che si manifesta nell’eterno conflitto tra sviluppo tecnologico e perdita smisurata di una umanizzazione sopraffatta e snaturata dei suoi migliori momenti di riflessione sul senso della vita. E non è un caso quando Pirandello manifesta quel fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita che porterà forse un giorno alla distruzione totale. La meccanizzazione ha ormai reso schiavo l’uomo ed è responsabile della perdita di gran parte dei valori. Una metodologia moderna che ha tolto la possibilità di dare un senso al fluire della vita. Ed è proprio questo il significato dell’afasia, e cioè del mutismo di cui rimane vittima Serafino Gubbio a causa dello shock per avere assistito all’orribile spettacolo dell’uomo sbranato da una tigre, mentre continuava a riprendere la scena. Dunque, afasia come metafora dell’alienazione dell’artista e della riduzione dell’uomo a macchina. Affascinante Luigi Pirandello nella sua letteratura da intellettuale di una cultura che esprime profondità di pensiero nella centralità dell’uomo in quanto tale. Non c’è macchina che possa sostituire la persona coi suoi sentimenti, coi suoi valori e con le eterne riflessioni interiori sul senso della vita. Una chiara polemica convinta di Pirandello, il quale si oppone alla macchina che è colpevole ai suoi occhi di mercificare la vita. Esattamente il contrario dei futuristi convinti nell’esaltare la macchina come tecnologia rivoluzionaria di progresso e miglioramento sociale. Una teoria ottocentesca che è valida ancora oggi nell’eterna lotta filosofica tra progressisti di vita tecnologicamente avanzata e difensori dei valori umani. Chissà, forse la verità sta proprio a metà tra le due cose. Sì, perché nonostante tutto, l’una ha bisogno dell’altra. Ecco, questa è la grande capacità di Luigi Pirandello, quello di interiorizzare ogni storia, ogni narrazione, ogni romanzo che lascia in noi lunghi momenti di riflessione nel porsi delle domande. Esattamente come succederà all’interno del Museo del Cinema di Torino, dalle cui pieghe scaturisce la grande storia della macchina da presa, con i suoi operatori, i registi, gli attori e la meraviglia di quell’arte chiamata spettacolo.
Salvino Cavallaro