Rigorosamente distanziati di un metro con mascherina, misurazione della temperatura corporea, un massimo di duecento spettatori al chiuso e mille all’aperto, periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti chiusi anche tra un evento e l’altro nella stessa giornata, con aereazione naturale, ricambio d’aria e rispetto delle raccomandazioni sui sistemi di ventilazione e di condizionamento. E poi sistemi di disinfezioni delle mani accanto a tastiere, divieto di consumare cibo e bevande durante gli spettacoli e vendita dei biglietti preferibilmente on line e se in biglietteria senza l’utilizzo dei contanti. Tutto questo si legge nel Decreto Governativo del 17 maggio 2020 per la riapertura dei teatri, sale cinematografiche e da concerto, con inizio lunedì 15 giugno. Lo sappiamo, è davvero pesante seguire certe regole per il pubblico, per gli artisti e tutti gli operatori dello spettacolo sottoposti a stressanti regole anti contagio che si rendono necessarie per ricominciare. Già, ricominciare ad alzare quel sipario che malinconicamente si era abbassato all’inizio del lockdown, il quale ci ha resi orfani di quella cultura da palcoscenico della quale da sempre ci siamo dissetati come forma di conoscenza, attraverso aggregazione sociale e voglia di empatia. Ma il problema era ed è grave sotto il profilo della continuità del lavoro di migliaia di artisti e operatori dello spettacolo, delle loro famiglie e della tutela di un settore ammantato di incertezze. Sì, è vero, l’Italia del mondo del lavoro è in crisi totale per una disoccupazione che investe tutti i settori dell’economia nazionale, tuttavia, dobbiamo dire che il mondo dello spettacolo, già dimenticato per tanti anni nei suoi problemi più importanti, oggi si trova ancora più in ginocchio nella consapevolezza che Stato e Ministero del Turismo e dello Spettacolo non mettano tra le priorità di rinascita economica del Paese, un settore che ha veramente bisogno di essere non solo sorretto ma anche rivalutato per la sua importanza. L’Italia è una nazione che trasuda di cultura in tutte le sue belle città, e per questo ha bisogno di essere sostenuta tra storici musei e mondo dello spettacolo, capace di farci rivisitare palcoscenici ricchi di testi classici e altri contemporanei che si delineano come teatro leggero e divertente. Ma, come dicevamo pocanzi, al teatro, al cinema e a tutto ciò che rappresenta lo spettacolo, si deve dare necessariamente retta andando in soccorso dei suoi innumerevoli problemi che il covid 19 ha acuito e reso macroscopici. Di una cosa ci rallegriamo vivamente, ed è la positività di assistere all’alzarsi del sipario di tanti teatri italiani, nella speranza che non si abbassi più per noi tutti, per gli artisti, per i registi, per i tecnici, per gli operatori tutti, i quali vivono una professione che lo Stato Italiano ha il dovere di tutelare in tutte le sue forme contrattuali. Il vanto e la grandezza della cultura italiana nel mondo, non può non essere sensibilizzata a migliorarsi nel tempo. Girarsi dall’altra parte e far finta di niente, tirando a campare, non è propriamente il miglior sistema politico di una Nazione Civile e Democratica che si rispetti. E si pensi che dietro quel sipario che si alza, dentro quel palco calcato da numerosi artisti che narrano storie di tanti personaggi creati da illustri commediografi, riscontriamo la vita, la cultura, la riflessione che ci accomuna come popolo che tende a superare la superficialità dell’essere.
Salvino Cavallaro