Gabriella Pignotta, autore e regista della Commedia “Non mi hai detto più ti amo”, ha creato un testo tanto semplice quanto geniale perché diverte e stimola a tante riflessioni.
Gli interpreti veri, divertenti e coinvolgenti sono Lorella Cuccarini, Serena nel ruolo di moglie e madre, Giampiero Ingrassia, Giulio in quello del padre e, nel ruolo dei figli: Raffaella Camarda (Tiziana) e Francesco Maria Conti ( Matteo). Insieme presentano una famiglia come tante: la madre, ex architetto, vive la sua giornata al continuo servizio del marito, medico affogato nel lavoro, e dei figli studenti che naturalmente lo reputano “dovuto”.
La commedia presenta uno spaccato di vita assai realistico, nel quale il regista esprime finemente la preziosità del nucleo familiare e nello stesso tempo ne mette in risalto la delicata fragilità.
Perfetta la Cuccarini nel ruolo di moglie e madre, devota e instancabile, che avverte una crescente insofferenza per la routine del ménage matrimoniale, recita con la stessa eleganza, leggerezza e bravura della ballerina e soubrette. Al meglio di sé Giampiero Ingrassia, diverte il pubblico nella parte del marito distratto e sordo alle esigenze delle moglie.
Eccezionali i giovani attori che hanno recitato la parte dei figli: Francesco Maria Conti, Matteo nella scena, ha saputo trasmettere quell’amore/egoismo che il figlio maschio nutre nei riguardi soprattutto della madre; assai schivo a partecipare alla vita operativa di casa quando la madre decide di allontanarsi per una pausa di riflessione, riluttante ad ogni possibile cambiamento; più duttile Tiziana, interpretata dalla bella e brava Raffaella Camarda, che riesce a comprendere la madre e a mediare la tensione familiare.
Entrambi cercano quella sicurezza che sembra vacillare quando Serena, scossa da un problema di salute, trova la forza di riappropriarsi della propria vita e di ridiscutere quella matrimoniale
La commedia si snoda in un susseguirsi di fatti che mettono in risalto la fine e sensibile psicologia femminile, diverte per la distratta, ma in buona fede personalità maschile, attraverso un avvicendarsi di battute e di equivoci nei quali si introduce come una simpatica e patetica scheggia, il signor Morosini, paziente del dottore, interpretato dal bravo Fabrizio Corucci.
La scenografia stessa fa da sfondo e potenzia quell’esigenza di cambiamento che i fatti richiedono, con i suoi ambienti mutevoli, con le sue luci graduali che traducono gli stati d’animo e le situazioni altalenanti dei protagonisti, che si affievoliscono assieme alle voci, quasi a lasciare che il pubblico non senta, ma intenda.
Dietro le quinte della vicenda c’è lui il Regista che come un Deus ex machina tesse una soluzione, quella soluzione che, ahimè, in molte famiglie, a causa della cecità dell’egoismo e del rifiuto delle rinunce che ogni rapporto esige, non viene trovata e neanche cercata.
Rita Chillemi