Amara, a tratti comica, certamente vera nel racconto delle vicissitudini di una coppia arrivata, suo malgrado, al capolinea.
La Guerra dei Roses, andata in scena al Teatro Vittorio Emanuele fino alla scorsa domenica, è la trasposizione teatrale del romanzo del 1981 di Warren Adler, che scrive anche il soggetto dell’omonima, fortunatissima, opera cinematografica.
Nonostante apparentemente la trama sembri raccontare di altro, è il racconto di una storia d’amore che deve competere con la potenza distruttiva dell’essere umano, che anche nella tranquillità di una vita agiata e “perfetta” trova l’insoddisfazione del fallimento.
L’opera ci mette davanti all’impossibilità di accettare l’altro, la realtà in cui viviamo, il bisogno di opporci per cambiare. Alla fine, l’epilogo è disarmante.
Due i protagonisti principali, i coniugi Rose – Barbara, interpretata da Ambra Angiolini e Jonathan, Matteo Cremon – due i personaggi a corollario, altrettanto fondamentali per la narrazione, i due rispettivi avvocati, una sorta di alter ego della coppia, magistralmente interpretati da Massimo Cagnina ed Emanuela Guaiana.
Unica la scena, il soggiorno di casa Rose, che, nell’apparente perfezione, corredato di piccole e grandi comodità, rappresenta l’impeccabile vita quotidiana dei due protagonisti, che procede per impegni lavorativi e mondani in una Washington che rappresentava il sogno per la realizzazione professionale di un inerba avvocato. Un monito, ci dice nelle note di regia il registra, Filippo Dini: l’opera “ci permetterà di tendere una mano all’altro, per invitarci ad uscire da quella “casa” e andare incontro ad un “esterno”, ad un futuro…”
Inebriato il pubblico messinese che ha gremito il teatro, pieno ad ogni rappresentazione, ed ha applaudito i 4 attori presenti sul palco, partecipando con pathos durante tutto lo spettacolo.