“Nessuno di noi familiari sapeva che mio zio fosse un clochard, l’ho appreso da voi giornalisti. Se solo lo avessi saputo, la sera sarei venuto qui per costringerlo a venire con me a casa. Non ci aveva mai detto nulla. Siamo sconvolti”. Lo ha detto all’Adnkronos Vincenzo Calascibetta, il nipote di Marcello Cimino, il clochard bruciato vivo nella notte tra venerdì e sabato da un benzinaio, Giuseppe Pecoraro, che poi ha ammesso il delitto. Vincenzo è il figlio di una delle sorelle di Marcello Cimino. “Ogni tanto ci incontravamo, ma lo vedevo sempre pulito, con la barba fatta – racconta tra le lacrime – Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che dormisse all’aperto, sotto i portici della mensa dei cappuccini. Non lo immaginavamo”.
Ma Vincenzo, a differenza delle figlie della vittima, non chiede che l’assassino “faccia la stessa fine di Marcello”. “Ci deve pensare la giustizia – dice – Una fine del genere non si augura neppure a un animale, figuriamoci a un uomo. Io quando vedo sui social quei post in cui ci sono i cani che vengono maltrattati sto male, immaginiamo cosa possa provare per mio zio ucciso in quel modo. Il video è terribile. Ci deve pensare Dio a questo assassino”. “Mio zio era una persona buona – dice ancora Vincenzo Calascibetta – non meritava questa fine”.