E’ ormai da parecchio tempo che vivere precariamente nel nostro paese è una regola tanto più assurda se il mondo del lavoro è in buona parte regolato da contratti a tempo determinato così come avviene anche in sanità dove, a causa di questa condizione, l’età media per più del 50% dei medici ospedalieri attualmente in servizio è di 55 anni. Un’età in cui nelle nazioni con maggiore civiltà del lavoro si pensa alla quiescenza dopo aver speso la propria vita lavorativa nelle corsie, nei pronto soccorso o in sala operatoria, luoghi questi che mettono a dura prova l’integrità psico-fisica di ogni medico. Ed invece questo è il quotidiano con cui i medici ospedalieri italiani si confrontano. Ed è anche la cifra di questa nuova forma si schiavismo che è il precariato. Anche l’ospedale di Milazzo non sfugge a queste regole avendo negli organici dei propri reparti o servizi uno stuolo di medici a cui il contratto di lavoro viene rinnovato ogni sei mesi, nei casi più fortunati se non addirittura con scadenza trimestrale. La parte del leone, chiaramente in negativo, spetta al pronto soccorso dove svolgono la loro attività medici che sono a contratto determinato da più di dieci anni, quindi anche con più di cinquant’anni di età anagrafica, e per i quali stanti le attuali condizioni legislative, si allunga, senza una data certa, la loro agognata e dovuta stabilizzazione. E succede anche che personale vincitore di concorso non viene convocato per la firma del rispettivo contratto d lavoro. Perchè bisogna considerare che circa la metà delle dotazioni organiche negli ospedali sono ricoperte da contratti a tempo determinato, nei casi più virtuosi, dove le piante organiche sono al completo, perchè in caso contrario una quota viene ricoperta da medici incaricati ed un’altra rimane senza alcuna copertura quindi con quei ormai regolari vuoti di organico unici responsabili dei turni massacranti di cui si sobbarcano i sanitari e che li costringono a lavorare in violazione delle norme contrattuali e della legislazione sulla sicurezza nel lavoro che continuiamo a denunciare. Le prospettive come evidenziato nel convegno Cimo svoltosi lo scorso sabato a Catania non sono affatto rosee per la nostra regione che ancora dopo anni di incontri sindacali e di riunioni tecniche non ha attuato la riorganizzazione della propria rete ospedaliera così some imposto dal DM 70 del 2015 condizione questa necessaria per poter procedere alla stabilizzazione dei precari ed a bandire i concorsi.
Una sanità allo sbando dove le vittime sono in primo luogo i pazienti, che per quanto riguarda il caso della nostra regione nel 2013 sono stati in 48.382 i cittadini che hanno lasciato l’isola per curarsi altrove con un costo della regione di oltre 190 milioni di euro, e poi gli stessi medici che lavorando con dedizione e sacrificio vedono vanificato e svilito il loro impegno a causa di questa inarrestabile fuga di pazienti.
Dott. Giuseppe Giannetto
Vice-segretario regionale CIMO